Porcelli: “La cinematografia italiana è gracile”

Il produttore cinematografico, Enzo Porcelli
Il produttore cinematografico, Enzo Porcelli

CARACAS – “In Italia si fanno troppi film, troppo poco strutturati, troppo poco pensati”. Poche parole, eppure offrono una radiografia della cinematografia del Bel Paese. Enzo Porcelli, il produttore di “Due Euro l’Ora”, film diretto da Andrea D’Ambrosio e proposto, insieme con altri, dalla nostra Ambasciata e dall’Istituto Italiano di Cultura nell’ambito del “Festival de Cinema Italiano”, è in Venezuela e ha colto anche l’occasione per assistere al “Festival del Cine Venezolano” di Mérida.

– Il cinema che si fa in Italia, a mio avviso – prosegue Porcelli, – è un po’ gracile. Tutti vogliono copiare i Fratelli Dardenne che si sono affermati in Europa e che hanno avuto soprattutto un successo di critica.
Insiste nel sostenere la povertà e la gracilità intellettuale della cinematografia italiana contemporanea.

– Il cinema italiano – sottolinea, – era povero anche subito dopo la seconda guerra mondiale. Ma aveva un grosso spessore intellettuale, aveva contenuti forti. Siamo in crisi, come sempre si afferma – aggiunge, – ma abbiamo la fortuna di avere registi come Sorrentino, Garrone, Virzì. Bastano loro per dare lustro al nostro cinema. Ci lamentiamo, ma stiamo meglio di altri paesi. Ci confrontiamo con la Germania, con la Francia che hanno più soldi…

– Lei è produttore, vede il mondo del settimo arte da un angolo diverso, che non è quello del regista o dell’attore e neanche quello del pubblico. Che cosa cerca il produttore, chi è questo personaggio che si muove dietro le quinte…

– Dietro le quinte, ma non fuori – precisa immediatamente.

– Senz’altro, un personaggio che, come il regista, ci mette l’anima…

– Non solo l’anima – commenta sorridendo e mostrando una volta ancora la propria concretezza – ma anche i soldi. E per farlo forse rischi perché non sono i tuoi. E’ difficile, ma li trovi. E’ il tuo lavoro. Quando mi dicono cosa fa il produttore rispondo che fa i film, gli altri sono al suo servizio.
Sostiene che ricavare il denaro sufficiente per una produzione cinematografica è sempre più complicato.

– E’ la ragione per la quale si cerca di fare film che possano andare oltre i confini dell’Italia. Insomma, che possano avere un minimo di riuscita ed essere diffusi in tutto il mondo. Ormai nelle sale italiane hanno successo solo due o tre film comici l’anno. C’è la concorrenza della produzione americana imposta dalla grande distribuzione. Noi viviamo così… i nostri film cercano di inserirsi nei pochi spazi liberi ceduti dalle grandi produzioni americane.

“Due Euro l’Ora”, il film prodotto da Porcelli e presente nel Festival del Cinema Italiano di Caracas

– C’è sempre il circuito delle sale in cui si proiettano i film alternativi, come accade in Francia e in Germania.
Sorride e scuote negativamente la testa.

– In Italia ce ne sono, è vero – ammette, – ma sono ridotti al lumicino. Lo Stato non ha aiutato abbastanza queste sale. E poi sono state distrutte dal sistema televisivo che, in Italia, è selvaggio. Lo è stato soprattutto negli anni ’90 e 2000 – precisa -. Berlusconi era diventato il padrone del cinema e della televisione. E ha favorito quest’ultima.

– C’è una nuova generazione di registi?
– Sì, senza dubbio – afferma -. Ci sono Sorrentino, Virzì, Garrone. E poi sta venendo su una generazione che ancora non ha avuto tanto successo, ma ha futuro. Ha bisogno di denaro, di un sistema che l’aiuti a crescere e ad affermarsi.

– Che cosa consiglia a un giovane che desidera diventare produttore?

– Di prepararsi, di studiare – ci dice -. Io l’ho fatto. Ho studiato nel Centro Sperimentale di Cinematografia di Roma; ho frequentato l’Università. Ho iniziato a lavorare mentre studiavo. Ho cominciato a produrre una volta laureatomi, ma ero già introdotto nell’ambiente. Sono convinto che studiare e prepararsi sia l’aspetto più importante.

Porcelli non perde l’occasione di parlare del suo film, “Due Euro l’Ora”, che è presente nel Festival del Cinema Italiano.

– Ciò che mi piace di questo film, la cui protagonista femminile nella trama è una donna che viveva in Venezuela ed è tornata in Italia – commenta, – consiste nella sincerità e sensibilità mostrata del regista. E’ una caratteristica che è stata interpretata come gracilità ma che, invece, io apprezzo perché è un po’ come l’anima del cinema italiano di una volta… quell’anima che riesce ad arrivare agli spettatori. Spero che il regista in un futuro possa continuare a fare film che vadano in questa direzione, film più forti e con maggior successo. Spero, anche, che io riesca ad aiutarlo di più.
Mauro Bafile