L’Europa boccia l’offerta della May sulla Brexit

BRUXELLES. – Ad un anno esatto dal referendum sulla Brexit, Theresa May annaspa già sul primo punto del negoziato per il divorzio dalla Ue. E riesce nell’impresa di cementare i 27, che altrimenti continuano ad essere divisi sulla riforma di Dublino e sulla distribuzione dei rifugiati (col gruppo di Visegrad che protesta per le procedure aperte da Bruxelles contro Varsavia, Budapest e Praga), anche se poi promettono di fare di più per aiutare l’Italia e chiudere definitivamente la rotta dalla Libia. Ma intanto, sottolinea Jean Claude Juncker, mettono “meno di Norvegia e Svizzera” (che della Ue non fanno parte) nel fondo per l’Africa.

Per di più, mentre Emmanuel Macron e Angela Merkel ripristinano la tradizione della conferenza stampa franco-tedesca congiunta (con la cancelliera che nel vertice ha visto “uno spirito di rinnovata fiducia”), viene affossata la proposta del francese sulla protezione delle aziende strategiche europee dallo shopping cinese.

Definendole come “insufficienti”, “ben al di sotto delle aspettative”, “buone intenzioni ma da verificare”, “buon inizio ma non una svolta”, Jean Claude Juncker, Donald Tusk, Paolo Gentiloni e Angela Merkel sono stati tutto sommato diplomatici nel bocciare le proposte fatte da Theresa May, spacciate per “garanzie” a tutela dei diritti degli oltre tre milioni di europei che vivono nel Regno Unito.

Ignorando i sondaggi che danno Corbyn più gradito di lei come premier e sfidando le opinioni dei pentiti che riempiono i media nel giorno dell’anniversario della Brexit, l’inquilina di Downing Street alla fine della seconda giornata del vertice ha replicato d’aver fatto “una offerta giusta e seria” ed ha ribadito che lunedì prossimo sarà nero su bianco al tavolo del negoziato.

Ma intanto si è sostanzialmente limitata a concedere che i tre milioni non saranno cacciati, ribadendo che Londra non avrebbe accettato la giurisdizione della Corte di giustizia europea se un cittadino europeo volesse fare ricorso su una richiesta di permesso di residenza permanente. Così dal vertice europeo si è levato un coro unanime.

Col belga Charles Michel che ha smascherato il tentativo di bluff della premier: “Non abbiamo alcuna intenzione di comprare nulla a scatola chiusa”, ha detto, aggiungendo che quella fatta dalla May è stata “una proposta estremamente vaga, per qualcosa di incredibilmente complicato”. E l’olandese Mark Rutte ha aggiunto: “Quando se n’è andata ci siamo detti ‘Ok, interessante, ma adesso ne parli con Barnier’ “. Un diplomatico l’ha sintetizzata così: “May si è seduta al tavolo, ma ha una sola carta in mano. Barnier il resto del mazzo”. Ovvero: tenere in ostaggio il destino dei cittadini Ue è l’unico punto di forza.

L’inadeguatezza ‘brit’ percepita a Bruxelles è sottolineata con un dettaglio perfido rivelato da Juncker: “nessuno” dei 27 “era dell’idea di fare un negoziato” e quando May ha dato “l’impressione di voler discutere la proposta” è stata accolta dal silenzio. Il negoziato tecnico, ha detto poi il lussemburghese, “si fa dall’altra parte della strada”, ovvero nella sede della Commissione europea, non tra i leader. Ma su un punto specifico è stato assolutamente chiaro: “Inimmaginabile” escludere la competenza della Corte di Giustizia Ue.

(di Marco Galdi/ANSA)