Confindustria vede la ripresa, ma a sette milioni manca il lavoro

ROMA. – L’economia italiana è in “recupero” e il 2017 è partito con il piede giusto, anzi sull’acceleratore. Tanto da innescare una maxi revisione del Pil che salirà dell’1,3% e non dello 0,8% come previsto solo sei mesi fa. Le nuove stime di Confindustria vanno ad allargare la lista dei ritocchi all’insù, dopo l’Istat e il Fmi. Un elenco destinato ad ampliarsi. Nella stessa mattinata anche l’agenzia Standard&Poor’ ha alzato le prospettive, portandole al +1,2%. Quindi sempre oltre le indicazioni di aprile del Governo (1,1%).

“Fragilità” però restano. Il Centro studi di viale dell’Astronomia (Csc) ricorda come siano 7,7 milioni le persone a cui manca il lavoro, tra disoccupati, part time forzati e scoraggiati. Comunque quest’anno, per gli industriali, viaggia con il vento in poppa e se delle correzioni dovranno essere messe a punto saranno piuttosto verso l’alto.

Diverso è il discorso per il 2018. Il Csc pur avendo aggiunto un decimo di crescita in più (dal +1,0% a +1,1%) rimane prudente, con rischi al ribasso “qualora si affacciasse con forza l’incertezza politica connessa alla fine della legislatura e alle elezioni parlamentari”. Una preoccupazione condivisa dallo stesso presidente Vincenzo Boccia, che parla del pericolo di “confusione” soprattutto per via del sistema proporzionale. “Abbiamo avuto un incremento del Pil più elevato rispetto alle attese”, sottolinea, ma “dobbiamo fare molto di più”.

Il premier Paolo Gentiloni definisce le cifre “incoraggianti” ma riconosce come adesso sia necessario trasferire quei numeri “nelle nostre case”. Si dice “moderatamente ottimista sul fatto che questa crescita graduale proseguirà”. E di certo per Gentiloni “va incoraggiata e non soffocata”. Un impegno lo prende subito: “dobbiamo insistere mettendo i giovani anche al centro dei possibili interventi di riduzione del carico fiscale sul lavoro”.

Il dossier di Confindustria torna, infatti, sui giovani, evidenziando la ancora “elevata disoccupazione”, che sta “alimentando una forte emigrazione dall’Italia all’estero e dal Sud al Nord”. Non solo, la ripresa riserva anche qualche effetto indesiderato. Il rientro dagli stati di crisi e il ritorno al tempo pieno stanno determinando un “allungamento degli orari di lavoro”, tagliati durante la recessione, con la conseguenza che il numero di persone occupate crescerà a “ritmo smorzato”.

Dopo il +1,3% del 2016 gli occupati saliranno ‘solo’ dello 0,8% sia nel 2017 che nel 2018. E per chi a casa porta la busta paga, vista la ripresa dell’inflazione, il guadagno sarà più magro: le retribuzioni arretreranno dello 0,5%. Il ministro del Lavoro, Giuliano Poletti, invita comunque a leggere positivamente i dati, vista anche la connessione tra “Pil e occupazione” e l’effetto di trascinamento del primo sulla seconda.

Pesa tuttavia il terreno perso durante la recessione. Siamo ancora sotto i livelli di Pil di dieci anni fa, registrati durate il picco pre crisi. E di questo passo per riagganciarli bisognerà aspettare il 2023. Nel frattempo occorre guardare ai conti, con un deficit in calo ma a un ritmo lento e il debito che invece non riesce a rientrare.

Un impulso arriva dagli investimenti, che corrono trainati anche dalle misure inserite nelle ultime manovre. Di certo l’export non tradisce e torna protagonista in questa fase di rilancio grazie anche a una ripresa del commercio globale. Basti pensare che il peso dell’export sul Pil è salito al 32%.

D’altra parte fa notare Confindustria tutto si tiene e “l’Italia segue a ruota” l’accelerazione che si manifestando negli altri big del panorama internazionale. Paesi con cui accorciamo, dimezziamo, le distanze, che però restano. Divario che non manca di evidenziare anche l’agenzia di rating S&P, che sì alza le previsioni per l’Italia ma allo stesso tempo esprime dubbi e preoccupazioni.

(di Marianna Berti/ANSA)

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