Msf: “Chiudere i porti? Così salvataggi a rischio”

ROMA. – “Dobbiamo capire meglio i dettagli, ma nell’ipotesi che una nave non possa sbarcare le persone nei porti italiani si allungherebbero i tempi di hostig, con complicazioni nel trattenere per giorni 700-800 persone su una barca. Ad esempio, ci sarebbero problemi di cibo: sarebbe difficile dare da mangiare a tutti. E si potrebbero acutizzare i problemi medici. Inoltre, più tempo impieghiamo a fa sbarcare le persone, più ce ne vuole a tornare in zona per fare altri salvataggi”.

Vede solo complicazioni Tommaso Fabbri, capo missione di Medici Senza Frontiere Italia nell’eventualità, circolata adesso, che l’approdo nei nostri porti sia negato alle navi cariche di migranti che non battano bandiera italiana. Inoltre, l’operatività del personale dell’ong verrebbe dimezzata. Msf, infatti, partecipa ai salvataggi con due navi: la Vos Prudence, che ieri è arrivata a Palermo con 877 persone a bordo, batte bandiera italiana, ma non è così per l’altra imbarcazione, ‘Aquarius’, sulla quale operano i volontari di Msf, ma è gestita in collaborazione con la francese Sos Méditerranée.

“Le persone salvate in mare – secondo l’ong – dovrebbero essere trasportate nel più vicino porto di sbarco in cui le loro necessità e vulnerabilità possano trovare una risposta rapida”. Chiudere i porti non è una soluzione: “Da tre anni Msf chiede all’Unione Europea un sostegno più forte alle operazioni di ricerca e soccorso e la creazione di un sistema SAR (ricerca e salvataggio, ndr) al quale partecipino gli Stati”.

Si cerca il coinvolgimento degli altri Stati dell’Ue, ma così, in base all’ipotesi circolata, non potreste approdare nei nostri porti. E in quali porti dovreste andare? “Non ne ho idea – risponde Fabbri -, non è mai successo. Andrebbe chiesto alla Guardia Costiera italiana, che sovrintende alle operazioni. Ci dovrebbe essere un coordinamento tra Stati”. “Noi – aggiunge -. volgiamo un’Europa più presente e che le persone siano prese in carico il prima possibile. Hanno un nome e un cognome e una storia difficile alle spalle”.

( di Melania Di Giacomo/ANSA)