No agli sbarchi nei porti Ue, bocciata la proposta dell’Italia

(Borja Ruiz Rodriguez/MSF via AP)
(Borja Ruiz Rodriguez/MSF via AP)

TALLINN. – Un ‘no’ pesante dei partner Ue alla richiesta italiana di aprire gli altri porti europei per condividere la pressione dei migranti salvati nel Mediterraneo centrale. Due promesse sulla Libia e sui rimpatri, ed un ‘mandato’ a lavorare al codice di condotta per le ong di concerto con Bruxelles. E’ il bagaglio con cui il capo del Viminale Marco Minniti riparte da Tallin, dalla prima riunione che l’Ue dedica veramente alla crisi dei migranti in Italia.

Nonostante il muro eretto dai partner, Minniti ha comunque annunciato che sulla questione dei porti, la cosiddetta ‘regionalizzazione’, non è stata ancora detta l’ultima parola. Roma difenderà il suo punto di vista “con fermezza” all’incontro con Frontex e gli Stati coinvolti nell’operazione Triton, fissato a Varsavia per l’11 luglio: “Sarà quella la sede giusta per discutere della revisione del piano operativo” della missione. Perché al di là delle dichiarazioni rilasciate dai ministri arrivando alla riunione, ha evidenziato Minniti, “all’incontro il tema non era in agenda e non è stato trattato”.

Ma a dare la misura di quanto l’ipotesi italiana sia pressoché una ‘mission impossible’ è la sfilza dei ‘no’ arrivati uno dopo l’altro da vari Stati membri, con la Germania in testa, dopo quelli già espressi da Parigi e Madrid. “Non sosteniamo la cosiddetta regionalizzazione delle operazioni di salvataggio”, ha chiarito secco il ministro tedesco Thomas de Maiziere, animato dal timore che l’iniziativa possa dare il via ad un nuovo ‘pull factor’ (effetto attrazione).

“Aprire più porti non risolverà il problema”, ha avvertito anche l’olandese Stef Blok. “E’ difficile pensare di dire ad una nave con a bordo migranti sofferenti di andare mille miglia più avanti”, ha indicato invece il lussemburghese Jean Asselborn. “L’Italia ha chiesto aiuto e noi vogliamo dargliene, ma i nostri porti sono già sottoposti ad una pressione importante”, ha concluso lo spagnolo Ignacio Zoido. Lo stesso commissario Ue Dimitris Avramopoulos non ha nascosto che “l’obiettivo di Triton così com’è attualmente, è chiaro”. Anche se “serve più lavoro all’interno dell’Ue e con i vicini nordafricani per condividere il peso ed assicurare che l’Italia non sia lasciata sola”.

L’unanimità dei ministri europei – come dimostrato dalla dichiarazione della presidenza estone del consiglio Ue – si è vista invece sull’impegno a lavorare con l’Africa, a partire dalla Libia. Un intervento non scontato, data la situazione di instabilità.

Ma di fronte ai progressi compiuti grazie al ruolo dell’Italia, si è deciso di investire risorse e impegno politico per rafforzare la guardia costiera libica sul controllo delle proprie acque territoriali; accrescere la presenza delle agenzie Onu, Oim e Unhcr, per migliorare le condizioni nei centri d’accoglienza; e rafforzare la frontiera sud della Libia, anche trasformando le potenzialità delle tribù per formare una moderna guardia di frontiera. Un lavoro collegato al rapporto costruito con Niger e Ciad, che completano la cintura meridionale della Libia.

Il 24 luglio, al secondo appuntamento del gruppo di contatto Europa-Africa settentrionale, a Tunisi, si parlerà proprio di questo. Accordo unanime anche sui rimpatri, giudicati “cruciali”, con un maggiore ruolo di Frontex, come ha spiegato il presidente estone del Consiglio Ue, il ministro Andres Anders, visto che gli arrivi sulle coste italiane sono soprattutto di migranti economici.

Quanto al codice di condotta, che l’Italia preparerà con la Commissione europea e in dialogo con le ong, il lavoro dovrebbe essere finalizzato a breve. Anche per questo, dalla settimana prossima gli esperti Ue saranno già al lavoro per dare concretezza alle misure adottate a Tallin e alleggerire la pressione sull’Italia.

(dell’inviata Patrizia Antonini/ANSA)