Scuola: dati Ocse su stipendi docenti rinfocolano polemiche

ROMA. – Gli insegnanti italiani sono malpagati. Non è certo una novità, ma la conferma arrivata da uno studio Ocse – secondo cui nel periodo 2005-2014 i docenti del nostro Paese hanno perso il 7% del potere d’acquisto mentre nello stesso periodo in Finlandia le buste paga di chi fa formazione pubblica sono cresciute di 6 punti percentuali, in Norvegia del 9%, in Germania del 10%, in Irlanda del 13% – ha riacceso i riflettori sulla questione rinfocolando le polemiche su quanto fatto dai Governi per il settore.

“L’Ocse ha definitivamente tolto ogni velo alla retorica della buona scuola e accertato che lo stipendio medio dei docenti della scuola italiana è inferiore a 1.500 euro netti al mese” hanno dichiarato le deputate Marisa Nicchi, Luisa Bossa, Eleonora Cimbro e il senatore Miguel Gotor di Articolo 1 – Movimento Democratico e Progressista.

“La formazione dei nostri giovani dovrebbe essere una priorità per il governo, e i docenti andrebbero motivati e incentivati anche e soprattutto sotto l’aspetto economico” ha dichiarato Paola Pelino, vicepresidente dei senatori di Forza Italia sottolineando che “soltanto la Grecia tratta peggio i suoi insegnanti”.

“Mi auguro – ha aggiunto – che il ministro Fedeli passi rapidamente dalle parole ai fatti e in sede di rinnovo del contratto, bloccato dal 2009, sani un gap odioso e restituisca dignità a chi contribuisce in maniera determinante al futuro dei nostri figli e del nostro Paese”.

Stesso auspicio è stato espresso dall’Anief. “Non accetteremo mai un rinnovo contrattuale con pochi spiccioli, tra l’altro pure assegnati per fasce stipendiali ispirandosi al modello Robin Hood” ha detto il presidente Marcello Pacifico convinto che “l’unica cura per i docenti italiani è dargli più soldi a fine mese. Il resto, sono palliativi”.

Nei giorni scorsi la stessa ministra dell’Istruzione, Valeria Fedeli, ha insistito sulla necessità di migliorare le retribuzioni degli insegnanti. Ma nel mondo dell’istruzione il malcontento non si ferma alla scuola. Il Movimento per la dignità della docenza universitaria, in una lettera firmata da oltre 5.000 professori e ricercatori di 79 atenei ed enti di ricerca, ha annunciato uno sciopero dagli esami nella sessione autunnale dell’anno accademico (precisamente nel periodo compreso tra il 28 agosto e il 31 ottobre 2017).

L’iniziativa è stata presa per chiedere che gli scatti stipendiali “bloccati nel quinquennio 2011-2015, vengano sbloccati a partire dal primo gennaio del 2015, anziché, come è attualmente, dal primo gennaio 2016” e che “il quadriennio 2011-2014 sia riconosciuto ai fini giuridici, con conseguenti effetti economici solo a partire dallo sblocco delle classi e degli scatti dal primo gennaio 2015”.

Ricordando che la vertenza si trascina da anni, il Movimento assicura comunque che le modalità della protesta “di parziale astensione dalle prestazioni istituzionali siano nel contempo rispettose del diritto di sciopero garantito costituzionalmente e del diritto degli utenti di avere servizi ridotti ma non annullati”.

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