Mafia Roma, i dubbi della Chiesa: “Ma allora chi è mafioso?”

Mafia Capitale, condannati Buzzi e Carminati. Ma cade l'aggravante mafiosa.
Mafia Capitale, condannati Buzzi e Carminati. Ma cade l’aggravante mafiosa.

ROMA. – Continua a far discutere la sentenza su Mafia Capitale. Secondo i magistrati, a Roma hanno agito associazioni per delinquere ma non di stampo mafioso. Un verdetto, questo, che lascia perplessa la Chiesa di Roma: “Che cos’è mafioso? Cioè, cosa non è mafioso quando si usa in questo modo il potere? Non so – dice monsignore Giuseppe Marciante, vescovo ausiliare nella Capitale -, ho dei dubbi su questo giudizio e secondo me la mafia l’abbiamo relegata a certi fenomeni ma non è così, la mafia è legata al potere. In fondo è questo: il potere in modo illegittimo, in modo corrotto. Questo è la mafia”.

Per mons. Marciante ora “è necessario ridare fiducia ai cittadini. Hanno perso fiducia nelle istituzioni e quando si perde la fiducia nelle istituzioni è grave, questo mi sembra uno dei grossi problemi. C’è molto disorientamento. Di chi ci dobbiamo fidare? Questa è la grande domanda che ogni cittadino si pone. Perché abbiamo provato di tutto, tutte le combinazioni politiche, di tutti i colori, di tutti gli schieramenti – commenta ancora il vescovo con Radio Vaticana -, ma pare che la corruzione sia un tarlo che corrode continuamente le istituzioni.

C’è da rifare la politica e soprattutto c’è da rifare gli uomini. E allora ci vuole una riscossa morale, direi a tutti i livelli, dalle istituzioni possiamo dire più vicine al cittadino, i municipi, ma direi non soltanto a livello istituzionale, anche a livello relazionale: c’è un bisogno di riscoperta di valori fondanti, anche lo stare insieme, il bene comune”.

Un ruolo in città può essere giocato dalla Chiesa ma “deve essere una Chiesa credibile, forte, una Chiesa evangelicamente compromessa. Allora la Chiesa può essere un faro e nello stesso tempo può essere anche un punto di coagulo di forze vive, di forze fresche, di forze nuove. Penso che ci sia bisogno di questo. Siamo stanchi di questo modo di gestire la realtà pubblica”. Roma deve dunque risorgere da queste vicende e cercare di stringersi di più come comunità.

“Ognuno dice: si arrangi chi può. Io penso che questa è un po’ la mentalità che sta serpeggiando a livello comune. Ognuno cerca di pensare a se stesso e chi ha le risorse ed è furbo in questo caso riesce ma la povera gente, chi non ha risorse, chi non ha la stessa furbizia come fa a risorgere? E’ un problema serio”, conclude Marciante.