Si vota su stop vitalizi, sfida Pd-M5S sulla paternità del decreto legge

Tabellone elettronico della Camera durante una votazione. Parlamento
Tabellone elettronico della Camera durante una votazione. ANSA/GIUSEPPE LAMI
Vitalizi, si vota
Tabellone elettronico della Camera con risultato del voto sulle questioni pregiudiziali di costituzionalità su disposizioni delle norme in materia di abolizione dei vitalizi, Roma 25 luglio 2017. ANSA/GIUSEPPE LAMI

ROMA. – Dopo settimane di bagarre, dietrofront e scontro tra Pd e M5S, alla Camera il ddl sullo stop dei vitalizi arriva ad un passo dal traguardo. Domani, infatti, sarà il giorno del voto finale di un provvedimento che vede, di fatto, l’ok di Pd, M5S, Lega e Fdi ma anche di Sinistra Italiana e di Mdp. Una maggioranza trasversale, quindi, che tuttavia non abbassa la tensione tra Dem e pentastellati, impegnati nella sfida sulla paternità della legge.

“Bene i voti del M5S, ma questa è una battaglia del Pd”, sottolinea Matteo Richetti, primo firmatario del ddl. “Se la legge è in Aula è totalmente grazie a noi”, attacca Danilo Toninelli mentre Beppe Grillo, come promesso, arriva in Aula nel pomeriggio ed assiste ad una parte del dibattito dalla tribuna. E il leader del M5S dà vita ad un piccolo show. “L’abolizione dei vitalizi non è questione di politica ma morale. Che il Pd si prenda l’idea, non facciamo questione di copyright, bisogna dare un piccolo segnale a quelli fuori”, spiega Grillo uscendo da un Parlamento che descrive come un mondo fuori dalla realtà.

“Si scambiano i bigliettini, ci sono tonnellate di fogli…è qualcosa di psichiatrico perché se io parlassi in Aula dove non mi sente nessuno mi chiederei “perché sto facendo questo?””, sottolinea l’ex comico osservando che, a suo parere, anche democrazia “oggi sia una parola svuotata se non vota il 50% della gente”.

Grillo, sull’approvazione del ddl, si mostra ancora molto scettico. “Al Senato sono anziani, cercheranno di bloccare tutto”, spiega il leader M5S sottolineando come domani non tornerà in Aula: “tanto sappiamo come va a finire…”.

Eppure, alla Camera, l’asse a favore del ddl Richetti sembra a prova di bomba. Il gruppo Pd, in mattinata, si riunisce in assemblea annunciando il “sì compatto di una legge che rivendichiamo con forza”, spiega Il capogruppo Ettore Rosato. Ma, nel corso della riunione, qualche malumore non manca con Michele Bordo e Maino Manchi, ad esempio, che criticano la “deriva grillina” presa dal Pd con il provvedimento. Una legge che, oltre all’ira degli ex parlamentari, vede la contrarietà dei centristi e di FI.

“Il Pd si sta intestando un abominio”, attacca il capogruppo Renato Brunetta anche se, sul voto finale, l’ordine di scuderia sarebbe quello dell’astensione per evitare di apparire una forza pro-casta. E, tra gli azzurri c’è anche chi, come Maria Stella Gelmini – tra i firmatari della proposta – potrebbe anche votare sì.

L’ok finale, comunque, non sembra in discussione. E se al Senato il ddl passasse, dalla prossima legislatura l’assegno ai parlamentari sarà più light e arriverà più tardi, equiparando deputati e senatori ai dipendenti pubblici.

Il sistema contributivo – con tanto di legge Fornero – varrà anche agli ex parlamentari mentre la legge si applicherà anche alle Regioni. Su quest’ultimo punto, tuttavia, resta l’ombra dell’incostituzionalità. Le norme, si legge nel ddl, rientrano nel “coordinamento di finanza pubblica” che è competenza dello Stato. Eppure, secondo Brunetta, il punto “è volutamente incostituzionale” per far si che, alla fine, la Consulta bocci la legge.

(di Michele Esposito/ANSA)