Venezuela: ultimo atto?

Venezuela, ultimo atto
Venezuela, ultimo atto?

 

Domani si vota! Per un verso verrebbe da dire finalmente (personalmente non sopporto le lunghe attese), il cammino iniziato con il Decreto Presidenziale 2830 del primo maggio ultimo scorso sta per arrivare alla fine. Tra il primo maggio e la data di domani molte cose sono successe, soprattutto più di cento morti, per lo più giovani, sono rimasti sul terreno. Un tributo di sangue sicuramente alto, che probabilmente avrebbe potuto essere più grave se soprattutto l’opposizione non avesse mantenuto i nervi saldi.

Tuttavia la data di domani è un passaggio che solleva molti interrogativi. Da una parte la MUD dovrà decidere cosa fare, visto che intanto ha già annunciato che non riconoscerà il risultato elettorale, e dall’altra il governo di Maduro che non ha dato segni di ripensamenti di alcun genere e ha deciso di tirare diritto per la sua strada. A nulla infatti sono valsi gli appelli al presidente venuti dal Venezuela e da tutto il mondo, non ultimo quello dei vescovi venezuelani, di cercare una via di conciliazione.

Se dovessimo spiegare a un ignaro viaggiatore come siamo arrivati a questo punto dovremmo iniziare per lo meno dal dicembre del 2015. Infatti a quella data, dopo anni di dominio incontrastato in parlamento del partito Chavista, l’opposizione riunita nella MUD (Mesa Unidad Democratica) vinse la competizione elettorale aggiudicandosi i 2/3 dei seggi dell’ Asamblea Nacional.

Non si trattava di una maggioranza “normale” ma qualificata che permetteva dunque di avere un margine di manovra molto ampio e quindi di poter modificare la costituzione, approvare leggi anche contro il veto dell’esecutivo, rimuovere i giudici del Tribunal Supremo de Justicia e addirittura convocare un referendum per porre fine al mandato presidenziale. Non a caso al momento dell’insediamento dell’Assemblea il presidente che entrava in carica, Henry Ramos Allup lider di Acción Democrática ed eminente rappresentate della MUD, dichiarò che l’Assemblea doveva ritornare a legiferare e che da lì a 6 mesi era necessario elaborare un metodo costituzionale per il cambio del governo.

Verso la fine di marzo 2017 il Tribunal Supremo de Justicia emette una sentenza che di fatto sospende l’Asamblea Nacional, ed attribuendo al tribunale stesso le funzioni del parlamento, questo dopo che alcuni giorni prima era stata già revocata, dallo stesso Tribunale, l’immunità parlamentare ai deputati.

Di fronte a questa decisione sono iniziate le proteste di piazza, che quotidianamente vengono riportate nei mezzi di comunicazione, che fino a ora hanno avuto il suo culmine nel plebiscito del 16 luglio e nello sciopero generale degli ultimi giorni.

Il plebiscito era stato convocato per dimostrare ancora una volta come il governo fosse minoranza nel paese. Hanno votato circa 7 milioni di aventi diritto ed era ovviamente illegale perché non riconosciuto dal governo, anche se a mio avviso dotato di una sua legittimità, in fondo se non vado errato nella Costituzione vigente voluta da Chávez, quella che il Presidente Maduro vorrebbe modificare, è riconosciuto al popolo venezuelano il diritto di resistenza purché esercitato nelle forme pacifiche. E cosa c’è più pacifico, di democratico che esercitare il proprio voto? lo stesso dicasi per lo sciopero, diritto per il quale intere generazioni di lavoratori e i loro rappresentanti hanno lottato in tutto il mondo.

Ora questa domenica 20 milioni di cittadini saranno chiamati al voto per eleggere i 545 membri della futura Asamblea Nacional Constituyente.

Il pensiero ovviamente va al dopo, cosa succederà nel paese?

Probabilmente molto dipenderà dall’affluenza che si registrerà. Qualora questa fosse inferiore al numero registrato al referendum dell’opposizione del 16 luglio il Presidente Maduro avrebbe serie difficoltà a giustificare la sua pervicace volontà a proseguire nel suo progetto, e qualche analista si è posto anche la domanda di cosa farebbe l’esercito nel caso in cui si presentasse uno scenario del genere e se Maduro non ne prendesse atto.

D’altro canto se invece il governo vincesse cosa farà l’opposizione? Quali passi dovrebbe intraprendere? Accettare di giocare su un terreno che sarà ancora più sfavorevole oppure fare altre scelte più radicali?

Dal mio punto di vista tutto ciò poteva essere tranquillamente evitato, sarebbe stato sufficiente fare un passo indietro da parte di tutti, ma soprattutto da parte di Maduro, che anche politicamente ne avrebbe sicuramente guadagnato in termini di popolarità.

A mio avviso due punti probabilmente sfuggono al presidente e non gli permettono di fare la scelta giusta che secondo me è quella di rimanere nell’alveo della costituzione vigente.

Il primo punto è che molti che erano Chavisti e ancora lo sono, non lo stanno seguendo, secondo gli ultimi sondaggi un buon 70% dei venezuelani non sono d’accordo con l’iniziativa di modifica della costituzione, e che molti di loro siano tuttora o siano stati sostenitori del Chavismo è evidente, basta confrontare il dato con i numeri con cui Chávez vinceva le elezioni.

L’altro punto è che Chávez ha goduto di una congiuntura eccezionale grazie al prezzo alto del petrolio che ha garantito al paese una disponibilità finanziaria enorme, quindi molti progetti sociali sono stati fatti grazie a quello, Maduro, purtroppo per lui, non ha la stessa fortuna.

Sicuramente lo scenario attuale non è positivo: il muro contro muro governo/opposizione continua, cibo e medicinali continuano a scarseggiare, le famiglie dei diplomatici che se ne vanno, tuttavia io spero vivamente che alla fine il buon senso prevalga sempre che qualcuno decida di fare il primo passo.

In bocca al lupo Venezuela.

Stefano Macone