La disoccupazione scende all’11,1%, più donne al lavoro

Impiegate impegnate in una catena di montaggio alimentare in una foto d'archivio. ANSA / STEFANO LANCIA
Impiegate impegnate in una catena di montaggio alimentare in una foto d’archivio. ANSA / STEFANO LANCIA

ROMA. – La disoccupazione scende, tornando all’11,1%, intorno ai livelli più bassi da quasi cinque anni. E stavolta cala anche il numero dei senza lavoro tra i giovani, al 35,4%, anche se il dato resta alto: nella zona euro, dove il tasso generale migliora al 9,1%, fanno peggio solo Spagna e Grecia. Ma nella raffica di dati sul mese di giugno la vera novità è il record registrato dall’Istat per le donne a lavoro: il tasso di occupazione femminile non era mai stato così alto dal 1977. Per il momento però ci si vede accontentare del 48,8%, che significa meno della metà dentro e il resto fuori.

Non è però questo il solo picco rilevato, la corsa dei contratti a termine non si è fermata e siamo ai massimi dal 1992. Stesso riferimento temporale vale per i lavoratori autonomi, il popolo delle partite Iva, però a segno invertito: siamo a un minimo.

Intanto arriva anche la prima stima sull’inflazione di luglio e con questa un nuovo rallentamento. L’indice si attesta all’1,1%, il valore più basso da gennaio, poco sotto la media del’Ue a 19 (all’1,3%). Ma ancora più conveniente è il carrello della spesa, grazie agli ‘sconti’ si frutta e verdura.

Guardando al dato più generale sul lavoro, il saldo è positivo: giugno si chiude con 23 mila occupati in più, recuperando in parte il calo di maggio. Ha dunque trovato posto una fetta dei disoccupati (scesi di 57 mila) ma una parte è andata a ingrossare le fila degli inattivi, tra cui compaiono gli scoraggiati. Per le donne gli indicatori guardano tutti all’insù. Sono loro a trascinare il mercato del lavoro.

“Buone notizie”, commenta il premier Paolo Gentiloni, che esprime “fiducia” nei risultati del “Jobs Act” e per il “ritorno crescita”. Ora quello che conta, aggiunge, è che la spinta arrivi “alle famiglie”. Di risultati “importanti” parla anche la la sottosegretaria alla presidenza Maria Elena Boschi.

Gli esperti, come il presidente dell’Anpal, Maurizio Del Conte, indicano la ripresa come una delle cause nell’aumento dei contratti a termie, a cui si deve per intero l’aumento dell’occupazione, considerati una forma di rapporto che “anticipa le fasi del ciclo economico”. Non è d’accordo la Cgil, che riferendosi ai 2 milioni 690 mila dipendenti a tempo, parla di “estrema precarizzazione”.

Anche per la Uil “occorre evitare che le imprese tendano a prolungare, impropriamente, il lavoro a termine”. Secondo le opposizioni non c’è, infatti, da festeggiare. “Ci batteremo nelle prossime ore per portare avanti un provvedimento che reintegri alcune delle garanzie previste dall’articolo 18”, promette Roberto Speranza (Mdp). La Lega Nord lamenta come il lavoro creato sia “quasi esclusivamente temporaneo e stagionale”, circoscritto alle vacanze estive, mentre per il M5s è un “bluff totale”.

Il ministro del Lavoro, Giuliano Poletti, invita a guardare al confronto su base annua, con l’occupazione “cresce di 147 mila unità” e da febbraio 2014 di “821 mila”, di cui “553 mila” sono dipendenti “permanenti”. Soddisfatta la ministra della Salute, Beatrice Lorenzin, che però avverte: “nella prossima legge bilancio ci dovrà essere più spazio ancora per donne e famiglia”. Nella manovra ci si aspetta pure il taglio del cuneo contributivo per i giovani assunti stabilmente. L’ipotesi è un dimezzamento per i primi 3 anni di lavoro (per proseguire poi con uno ‘sconto’ di 3 punti sull’aliquota).

Ma a soffrire di più sono gli autonomi, mai così pochi in Italia (scesi a 5 milioni 298 mila). Oggi evidentemente tira il lavoro dipendente, l’unico che può assicurare il posto fisso, il cui appeal è alle stelle come dimostrano le domande record ai concorsi (uno per tutti quello per vice-assistenti alla Banca d’Italia). C’è però anche un discorso che riguarda il peso del fisco su questo tipo di attività.

(di Marianna Berti/Ansa)

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