Pace a sinistra tra Pisapia e Speranza, assemblea a ottobre

Giuliano Pisapia con Pier Luigi Bersani (S) durante la manifestazione "Insieme, nessuno escluso", convocata da Campo Progressista, in Piazza SS. Apostoli, Roma, 1 luglio 2017. ANSA/RICCARDO ANTIMIANI
Giuliano Pisapia con Pier Luigi Bersani (S) durante la manifestazione “Insieme, nessuno escluso”, convocata da Campo Progressista, in Piazza SS. Apostoli, Roma, 1 luglio 2017. ANSA/RICCARDO ANTIMIANI

ROMA. – Una “grande assemblea democratica” a ottobre. Con questo annuncio Giuliano Pisapia e Roberto Speranza siglano la pace tra Campo progressista e Mdp dopo la lite seguita all’abbraccio dell’ex sindaco a Maria Elena Boschi. Un colloquio al telefono di primo mattino, per chiarirsi. E una nota congiunta per affermare che va avanti il progetto di un soggetto di centrosinistra “nuovo e aperto” in “discontinuità” rispetto alle politiche renziane.

L’ambizione, spiegano da ambo i lati, è nell’aggettivo “inclusivo”. Tenere dentro la sinistra e il centro. La preda più ambita sono i “democristiani” che, assicura Pier Luigi Bersani, provano “disagio” crescente nel Pd. La telefonata della pace avviene all’indomani del ritorno di Pisapia da una breve vacanza e alla vigilia della partenza di Speranza per un viaggio. E segna un punto politico: “Insieme” va avanti.

Per i dettagli organizzativi ci si aggiorna alla fine di agosto, quando dovrebbe essere lanciato il manifesto (l’ossatura è nel discorso di Pisapia del primo luglio a Santi Apostoli). Tutti d’accordo – assicurano – sulla “partecipazione più larga possibile dal basso” per fare un “soggetto nuovo”, non una lista o una unione di ceti politici.

Resta da capire se ci si misurerà con le tessere, come vorrebbe parte di Mdp, o si sceglieranno formule più leggere, anche web, come auspicano da Cp. E resta una divergenza sull’opportunità di tenere dentro da subito SI. Ma non è importante, sottolineano da Mdp. Il dato politico – spiega un dirigente -è che l’assemblea è stata fissata a ottobre, senza aspettare quello che accadrà in casa Pd.

Perché se in Cp c’è chi crede, come la minoranza Pd, che una sconfitta di Renzi in Sicilia possa riaprire i giochi, i bersaniani sono convinti che non sarà così: bisogna muoversi prima, senza star fermi a farsi logorare, e farsi trovare pronti ad accogliere in un “soggetto politico progressista o popolare” chi è a “disagio” nel Pd di Renzi: “Non solo la sinistra – afferma Bersani – ma anche chi è di estrazione cattolica, democristiana”.

Alta, spiegano, è l’attenzione per le mosse di Dario Franceschini: con lui – e magari Romano Prodi – potrebbe nascere un soggetto di centrosinistra in grado di raggiungere percentuali a due cifre. Questo il progetto. Nella consapevolezza, dicono da Mdp, che se andrà male “per fare una ridotta di sinistra c’è sempre tempo”.

Dal Pd Andrea Orlando guarda con interesse al “disgelo” tra Pisapia e Speranza: l’auspicio è che una eventuale sconfitta in Sicilia apra un varco nel partito non solo per le alleanze ma per la contendibilità della leadership del centrosinistra. “Con il proporzionale non credo che il premier sarà Renzi – avverte il ministro dalla Versiliana – Se fossi in lui mi chiederei perché D’Alema vuole il proporzionale”.

Ma Matteo Renzi ribatte che comunque vada in Sicilia il congresso non si riaprirà e per ora non inverte la rotta rispetto al progetto di un Pd “largo”. Il segretario prosegue il tour per il suo libro in Emilia Romagna (subisce una piccola contestazione a Rimini) e si dice interessato ai “problemi della gente, non i posti in Parlamento”. Di Sicilia si occupa a Roma Graziano Delrio, che incontra Angelino Alfano per tenerlo dentro la coalizione di centrosinistra. Il ministro per ora non si sbilancia.

(di Serenella Mattera/ANSA)