Spari su un peschereccio di Mazara, la Marina Militare lo salva

Mazara del Vallo, il porto
Mazara del Vallo, il porto

MAZARA DEL VALLO (TRAPANI). – Il mare tra Sicilia e Nord Africa è carico di nubi di tensione con le minacce libiche all’Italia, il via vai di migranti su barconi, e ora anche con le scelte autonome dell’equipaggio di una motovedetta tunisina che ha sparato colpi di mitragliatrice contro il peschereccio mazarese Anna Madre in alto mare: tanta paura, nessuna vittima e scafo italiano salvato dal pronto intervento della marina militare. Nella zona di pesca a circa 30-35 miglia Nord-Est dalla località tunisina di Zarzis si trovavano l’Anna Madre e l’Aliseo.

Racconta Giampiero Giacalone, uno degli armatori dell’Anna madre: “Verso le 18.30 di ieri sono stato raggiunto telefonicamente da mio nipote, Giacomo, comandante dell’Anna Madre con a bordo 10 persone di equipaggio (7 sono tunisini), che mi ha detto che militari di una motovedetta tunisina li stavano prendendo d’assalto e che dopo avere intimato di fermarsi hanno anche sparato per fortuna senza colpire nessuno. Dai tracciati in possesso della Capitaneria di porto e inviati dal blue box si evince chiaramente che il peschereccio si trovava in acque internazionali”.

Giacomo Giacalone, che si trova a 10 miglia da Lampedusa sul suo peschereccio racconta: “Si è avvicinata la motovedetta tunisina. Due persone a prua hanno cominciato a spararci contro a mitraglia. Siamo scappati chi in ghiacciaia chi in sala macchine”. “Siamo rimasti in balia dei tunisini per circa un’ora – continua il comandante dell’Anna Madre – Non ci siamo fermati. Loro continuavano a sparare. Dopo un’ora si è avvicinata la nave della marina militare da cui è partito l’elicottero che ci ha salvato”.

Il natante era partito l’1 agosto per una battuta di pesca di 30-40 giorni di triglie, dentici e calamari. Ogni 3-4 giorni l’equipaggio va a depositare il pescato a Lampedusa per la spedizione. Mentre l’Anna Madre continuava a navigare cercando sfuggire all’assalto della motovedetta militare tunisina l’equipaggio dell’Aliseo, ha chiesto aiuto alla Marina militare italiana.

La Marina spiega che “l’intervento di un elicottero di nave Margottini, che incrociava nell’area nell’ambito del dispositivo Mare Sicuro e le comunicazioni con la centrale operativa della marina militare tunisina e le autorità diplomatiche italiane a Tunisi hanno permesso di chiarire la situazione”. “L’intera operazione – prosegue Giacalone – si è protratta per circa un’ora e mezza, finchè la motovedetta militare tunisina non ha desistito dal suo intento, poi il suo equipaggio si sarebbe giustificato dicendo di avere effettuato una errata valutazione della distanza dalla costa tunisina”.

“Alla luce di quanto emerso circa l’errata valutazione della distanza dalla costa del Paese nordafricano del nostro peschereccio, come si evince, lo ribadisco, dai tracciati blue-box , sarebbe giusto che il governo tunisino esprimesse le sue scuse ufficiali non tanto a noi quanto al governo italiano. Il nostro auspicio è che fatti di una simile gravità non abbiano più a ripetersi”, conclude l’armatore.

Il sindaco di Mazara del Vallo Nicola Cristaldi dice: “Non è più concepibile che i nostri pescatori, che costantemente danno la loro fattiva collaborazione per il salvataggio di naufraghi, siano oggetto di tentativi di aggressione e addirittura, da quanto si apprende, gli si spari addosso. E’ necessario che il Governo nazionale e l’Europa prendano una posizione chiara sull’intera vicenda per garantire l’incolumità di chi, con enormi sacrifici, va per mare per sostenere la propria famiglia”.

Giovanni Tumbiolo, presidente del Distretto della pesca e crescita blu, fa un bilancio della cosiddetta guerra del pesce che si combatte da decenni tra Sicilia e Nordafrica: “E’ catastrofico il bilancio che la marineria siciliana e in particolare quella di Mazara del Vallo, comunità fortemente dipendente dalla pesca, hanno pagato nel corso degli ultimi 50 anni. Ad oggi contiamo 3 morti e 27 feriti colpiti dal fuoco di militari o miliziani di Paesi rivieraschi. Inoltre, sono stati oltre 300 i pescatori fatti prigionieri e detenuti negli anni nelle carceri dei Paesi nordafricani: Libia, Tunisia, Egitto e Algeria. Pesanti sono anche gli oneri pagati per il riscatto degli oltre 150 pescherecci sequestrati, dei quali 6 definitivamente confiscati”.