La lunga crisi e i dieci anni che sconvolsero il mondo

Impiegati smobilitano l'insegna di Lehman Brothers
Il crac Lehman il 15 settembre 2008
Il crac Lehman il 15 settembre 2008

ROMA. – Dai mutui subprime, ai debiti sovrani, all’attacco all’euro, alla Brexit alla crisi dell’Europa sfiorata, forse scongiurata, forse di nuovo imminente. Poi le tensioni internazionali a farle da cornice, da quelle in Ucraina alla guerra in Siria con il dramma dei profughi. La grande crisi compie dieci anni e dopo essere diventata la ‘tempesta perfetta’ in grado di scuotere dalle fondamenta il sistema mondiale, sembra adesso scemare ma non finire.

L’Italia per la prima volta dopo anni corregge al rialzo la propria crescita e gli organismi internazionali lo certificano, la disoccupazione è scesa dai picchi del 2012 ma la strada per tornare ai livelli pre-crisi è ancora lunga mentre la solidità del sistema bancario sembra garantita ma non ancora totalmente definita.

Tutto inizia il 9 agosto del 2007 quando Bnp Paribas lancia l’allarme congelando tre fondi che investono in obbligazioni Usa garantite da mutui immobiliari subprime appunto. Lo stesso giorno la Fed inietta sul mercato 95 miliardi di dollari, dando il via a una fase di misure d’emergenza e salvataggi con i soldi pubblici. In autunno dello stesso anno ci sono i clienti di Northern Rock in fila per ritirare i depositi.

La crisi finanziaria, iniziata con l’implosione dei bond ‘subprime’ (garantiti cioè da mutui ad alto rischio) e ben presto estesa alle banche culmina con il crac Lehman il 15 settembre 2008 e subito dopo coinvolge il nocciolo duro del sistema economico, precipitando Usa ed Europa nella peggior recessione dagli anni Trenta a cui segue una ripresa lenta, irregolare, non sufficientemente sorretta da politiche economiche azzeccate in gran parte del mondo. Soltanto la Germania sembra aver imboccato da subito la strada giusta.

Tra il 2007 e il 2009 la chiusura dei rubinetti del credito bancario gela inoltre i consumi e gli investimenti, mentre gli interventi di salvataggio gonfiano a dismisura deficit e debiti pubblici costringendo Ue, Fmi e Bce (la temuta Troika) a varare un piano di salvataggio senza precedenti per la Grecia nel maggio 2010.

L’anno dopo sono tutti i debiti sovrani a entrare in fibrillazione e la memoria torna quindi a sei anni fa esatti, quando una lettera della Bce datata 5 agosto con una serie di ‘raccomandazioni’ da adottare rende evidente la gravità dello stato dell’economia e anticipa la richiesta, neanche tanto velata, di commissariamento che sarebbe arrivata con il vertice di Cannes del novembre 2011, che solo le dimissioni di Silvio Berlusconi, il successivo governo di Mario Monti e la regia del Quirinale su tutta la vicenda riescono ad evitare.

Intanto le misure messe in atto per superare la crisi di fatto generano un altro mostro, quello dell’indebitamento pubblico, arrivando a colpire appunto i paesi più vulnerabili, in particolare la Grecia, poi l’Irlanda, il Portogallo, commissariati, poi la Spagna, che chiede nel 2012 il sostegno finanziario per le banche e l’Italia dove in tre anni si varano il Salva-Italia, il Cresci-Italia, Destinazione-Italia, lo Sblocca-Italia con risultati difficili da quantificare.

In questi anni il bilancio su come superare il più importante choc subito dai mercati dal dopoguerra è fatto di poche luci e molte ombre. Complici le misure impopolari e le manovre lacrime e sangue che sono state approvate per fronteggiare i momenti più delicati e che ora tutti vogliono evitare di assumere per le ricadute sociali e depressive.

Effetti che producono diffidenza nella politica e nelle scelte dell’Europa fino a portare in alto i movimenti ‘sovranisti’, tanto da vedere il Regno Unito lasciare l’Ue nel 2016. Soltanto le lezioni in Olanda con il mantenimento dello status quo e l’arrivo di Macron all’Eliseo quest’anno sembrano aver disinnescato la disgregazione dell’Europa.

Dal 2007 del resto tutto è cambiato, gli Usa perdono la tripla A, seguiti poi dalla Francia. Responsabile della bocciatura è Standard & Poor’s, una delle agenzie di rating messe sotto accusa per non aver saputo prevedere la crisi all’inizio e nonostante questo rimaste inspiegabilmente impunite a dire ai Governi cosa fare o no. Dopo l’Orso su tutti i mercati del mondo, le politiche monetarie accomodanti fino al limite del possibile portate avanti da Fed e Bce inondano i mercati di liquidità a basso prezzo ma con il rischio di nuove bolle finanziarie.

La Bce in questi anni tenta da subito di arginare la sfiducia su Bonos e Btp (i titoli pubblici decennali di Spagna e Italia), due dei termini arrivati ad arricchire il vocabolario della crisi, avendo imparato a conoscere prima i subprime, poi i default, i fondi salva-stati e gli spread.

Mario Draghi assicura da Londra nel luglio 2012 che farà ”whatever it takes” per salvare l’euro e manterrà la parola usando il bazooka, ovvero misure non convenzionali, fino all’acquisto di bond di Stato per fronteggiare la grande crisi. E gran parte della ripresa, l’assestamento dopo il grande terremoto di dieci anni fa si deve proprio a lui.

Lascia un commento