Presidente dell’INPS, Boeri: “Pericolosissimo fermare l’età delle pensioni”

Foto Daniele Leone/LaPresse 23-07-2014 Roma, Italiacronaca Manifestazione di Ugl pensionati per chiedere la fine delle tassazioni capestro ed il ripristino del potere d'acquisto delle pensioni. Piazza Montecitorio
Foto Daniele Leone/LaPresse
23-07-2014 Roma, Italiacronaca
Manifestazione di Ugl pensionati per chiedere la fine delle tassazioni capestro ed il ripristino del potere d’acquisto delle pensioni. Piazza Montecitorio

ROMA. – Il fronte favorevole e quello contrario all’aumento dell’età pensionabile reagiscono all’allarme sui conti lanciato dalla Ragioneria. “E’ pericolosissimo toccare” il meccanismo che alza a 67 anni l’asticella per l’uscita, avverte il presidente dell’Istituto, Tito Boeri, sempre più convinto dei rischi di un intervento volto a congelare gli scatti, anche perché, avverte, “le pensioni sarebbero più basse” e poco potranno fare i lavoratori, in primis i “più deboli”, visto che saranno le imprese stesse a “spingerli a ritirarsi prima”.

Di parere opposto Cgil, Cisl e Uil, tanto che nel sindacato c’è giudica da “cartellino rosso” la mossa dalla Ragioneria.

Per Boeri si innescherebbe una spirale che scontenterebbe tutti: le generazioni passate, che hanno subito gli scalini, e quelle future, che si dovrebbero accollare i costi dell’operazione. Quanti si sono visti alzare “l’età pensionabile di quattro mesi nel 2016, o prima ancora, di tre mesi nel 2013, direbbero: ma perché noi abbiamo dovuto pagare?”, spiega il numero uno dell’Inps al Gr1 Rai. Secondo le stime dell’Istituto, ricorda Boeri, bloccare l’adeguamento automatico dell’età costerebbe “141 miliardi di euro”, da qui fino al 2035.

Cifre che confermano le preoccupazioni della Ragioneria, secondo cui “l’adeguatezza delle prestazioni e la sostenibilità finanziaria costituiscono due facce di una stessa medaglia”. E dato il funzionamento del regime contributivo, già con le regole attuali gli assegni sono destinati ad abbassarsi. Una riduzione che per la Ragioneria “sarebbe risultata di gran lunga superiore in assenza degli aumenti dei requisiti di acceso”.

Infatti, a parità di anzianità il tasso di sostituzione netto, che misura quanto dello stipendio si tramuta in pensione, si ridurrebbe dall’84,3% del 2010 a un minimo del 69,3% nel 2040, stando allo scenario dalla Ragioneria. Ma se si esce per ‘vecchiaia’ allora il divario scompare. Intanto però l’età avrebbe superato i 70 anni.

Le tesi non convincono i sindacati, che riscontrano un problema di merito ma anche di metodo: “L’intervento della Ragioneria dello Stato è del tutto inopportuno perché ad essa spetta il compito di vigilare sull’affidabilità dei conti dello Stato, non di intervenire sulle scelte politiche”, dice la Cgil. Sulla stessa linea la Uil: “non è sua competenza intervenire in materia”. La Cisl fa notare come almeno il “rinvio” dell’adeguamento dell’età abbia trovato “un consenso trasversale anche nelle forze parlamentari”.