Sudamerica, Trumponomics più incertezza che minaccia

Sudamerica, Trumponomics più incertezza che minaccia
Sudamerica, Trumponomics più incertezza che minaccia

ROMA. – Pesano più le incertezze di un elefante nella cristalleria come gli Usa, e delle future decisioni del presidente Donald Trump, che gli effetti veri delle prossime scelte dell’amministrazione americana sulle economie dell’America Latina. Dopo i timori di una chiusura totale nel protezionismo, sotto il vessillo di ‘America First’ e ‘Buy American’, parecchi dei rischi da molti evocati per la Trumponomics nelle economie che vanno dal Messico all’Argentina sembrano ridimensionati.

Ma non si escludono sorprese: e gli investitori guardano con attenzione alle prossime mosse, in particolare alla rinegoziazione del trattato Nafta, ben sapendo che il paese più esposto al rischio-Trumponomics è il Messico. I negoziati col Messico sul trattato di libero scambio nordamericano riprendono il 16 agosto.

Ed è chiaro che le incertezze potrebbero ritardare, o ridurre gli investimenti: secondo il think tank di Washington Peterson, se per ipotesi il Nafta finisse nel cestino, il peso subirebbe una svalutazione di oltre il 25%: sarebbe un problema per i tassi d’interesse, ma non per l’export del Messico verso gli Usa, che subirebbe una spinta propulsiva inaudita.

Finendo per gonfiare ulteriormente il deficit commerciale degli Usa che Trump vuol combattere. Insomma, per dirla con Mark Zandi, capo economista di Moody’s, “credo che il desiderio degli Usa di rinegoziare il Nafta sia tanto rumore per nulla”. Anche perché, pur tenendo in conto del vantaggio negoziale degli Usa, “non è chiaro quali cambiamenti l’amministrazione voglia, e se questo saranno molto importanti per i flussi commerciali”, dice Zandi a Emerging Market Views.

Anche Coface, gruppo delle assicurazioni dei crediti, sottolinea la maggiore vulnerabilità di Messico ed America centrale all’ipotesi di una stretta alle importazioni americane (ipotesi già parzialmente disinnescata dal fallimento della ‘border tax’): sia a causa delle forte esposizione del loro export verso gli Usa, sia del peso dell’export nel loro Pil che nel caso di Messico, Salvador e Honduras supera il 20%. Difficile, secondo Coface, uno shock dovuto un’impennata dei tassi (ad eccezione del Messico) grazie alle politiche monetarie tuttora espansive.

Il paese con più volatilità del tasso di cambio è nuovamente il Messico, che ha subito una svalutazione del 19% dopo l’elezione di Trump ma dopo un picco invernale ha cominciato a recuperare. E anche sul debito esterno, in buona parte denominato in dollari con conseguenze nel caso di una svalutazione delle valute nazionali, non sembrano esserci segnali d’allarme in tempi di politica monetaria tuttora iper-espansiva.

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