Trump perde un altro pezzo, lascia consiglio Cultura

Georgia Resists: marce contro Trump ad Atlanta, Georgia, USA, 19 agosto 2017. EPA/ERIK S. LESSER
Georgia Resists: marce contro Trump ad Atlanta, Georgia, USA, 19 agosto 2017. EPA/ERIK S. LESSER

WASHINGTON. – Ed ora sarà “guerra” ai nemici dell’agenda Trump: è la minaccia fatta da Steve Bannon, il controverso capo stratega licenziato l’altro giorno dal tycoon, alla fine di quella che tutti considerano la peggior settimana della sua sempre più impopolare e isolata presidenza. Che oggi ha perso un altro pezzo: la commissione per le arti e la cultura presso la Casa Bianca si è dimessa in blocco per la “falsa equivalenza” fatta dal presidente dopo gli scontri a Charlottesville tra suprematisti bianchi e loro oppositori, seguendo l’esempio di molti Ceo delle due commissioni economiche che poi Trump è stato costretto a sciogliere.

“Ignorare la vostra retorica di odio ci avrebbe resi complici delle vostre parole e azioni”, hanno spiegato i firmatari, mentre a Boston e in altre città Usa sfilavano migliaia di manifestanti contrapposti fra timori di nuovi scontri. Poco dopo il presidente e la first lady hanno annunciato che, rompendo una lunga tradizione, diserteranno a fine anno l’annuale cerimonia del Kennedy Center Honors, i riconoscimenti alla carriera attribuiti agli artisti per il loro contributo alla cultura americana.

Per permettere ai premiati di celebrare “senza distrazioni politiche”, hanno spiegato. Ma in realtà molti dei premiati avevano già annunciato che non avrebbero partecipato all’evento in segno di protesta contro il presidente. Ma se l’ostilità del mondo dello spettacolo verso il tycoon è nota, preoccupano la crescente impopolarità di Trump anche nella sua base, le defezioni di imprenditori fedeli come il miliardario Carl Icahn, le prese di distanza dei Murdoch, la freddezza dei parlamentari repubblicani.

Il tutto sullo sfondo del caos alla Casa Bianca, dove in sette mesi sono stati fatti fuori 13 consiglieri. L’ultimo, il più importante, è Bannon, che ora resta una mina vagante dopo essere tornato immediatamente a guidare il suo sito di estrema destra Breitbart. Trump lo ha ringraziato su Twitter “per il suo servizio”, in particolare per il suo ruolo nella campagna contro la “corrotta Hillary Clinton”. Ma non ha fornito spiegazioni al siluramento, al quale avrebbero contribuito vari motivi: mettere fine alla lotta tra fazioni, alla fuga di notizie e ad una figura che oscurava quella dello stesso presidente.

Ora tutti si chiedono come si comporterà Bannon, ossia se “sparerà” da destra contro Trump alienandogli la base più conservatrice o, come ha promesso, contro i nemici della sua agenda. Molti concordano comunque sul fatto che il ‘Bannonismo’ non è finito, anzi, è ancora ben radicato dentro la Casa Bianca, e che Trump era Trump anche prima di Bannon.

“La presidenza Trump per la quale abbiamo combattuto, e vinto, è finita. Abbiamo ancora un grande movimento e faremo qualcosa di questa presidenza Trump. Ma quella presidenza è finita. Sarà qualcos’altro. E ci sarà ogni genere di lotta”, ha ammonito l’ex chief strategist. “Mi sento sollevato. Ora sono libero, ho rimesso le mie mani sulle mie armi. Qualcuno ha detto ‘Bannon il Barbaro… Ho costruito una ‘f…ing (fottuta, ndr) macchina a Breitbart. E ora sono tornato, conoscendo quello che so, e stiamo per potenziare quella macchina”, ha proseguito. “Penso di poter essere più efficace combattendo da fuori per l’agenda di Trump. E chiunque si metterà di traverso alla nostra strada, gli faremo guerra”, ha minacciato.

(di Claudio Salvalaggio/ANSA)