Piano giovani: contributi dimezzati e taglio strutturale

Una ragazza ricerca lavoro sul tabellone delle offerte.
Una ragazza ricerca lavoro sul tabellone delle offerte.

ROMA. – Un piano per l’occupazione giovanile, che incentivi le assunzioni dei ragazzi che restano i più penalizzati dalla crisi. Il governo, con la prossima legge di Bilancio, punta a concentrare su questo capitolo gran parte delle (scarse) risorse disponibili. Diverse le opzioni sul tavolo che puntano tutte a facilitare l’ingresso dei giovani nel mondo del lavoro con un mix tra età entro la quale delimitare i nuovi sgravi e durata degli stessi che andrà definito appunto in base alle possibilità di finanziamento.

Una scelta sarà fatta solo a settembre, quando saranno definiti sia il quadro macro sia gli altri impegni cui far fronte con la manovra. Intanto il presidente del Consiglio, Paolo Gentiloni afferma che “il talento e la motivazione fanno la differenza quando a tutti è garantita la possibilità di competere in un ambiente ricco di opportunità. Gli ottimi risultati del Jobs Act – osserva più nel dettaglio il premier – danno fiducia e ci spingono a proseguire l’azione degli ultimi anni, per creare strumenti e ulteriori incentivi in grado di consentire alle imprese di scommettere stabilmente sui giovani”.

Al momento l’intervento ‘minimo’ a favore dell’occupazione giovanile prevede una nuova tornata di sgravi contributivi che diventano però permanenti e saranno validi per tutte le assunzioni dal 2018 in poi. Si tratterebbe di un taglio del 50% dei contributi per le assunzioni a tempo indeterminato o con contratto di apprendistato degli under 29 o degli under 35. Una soluzione di mediazione vedrebbe l’asticella dell’età fermarsi a 32 anni.

La nuova decontribuzione potrebbe durare per i primi 2 o 3 anni dall’assunzione e sarebbe ‘portabile’, cioè rimarrebbe in capo al lavoratore anche in caso di cambio del posto di lavoro. Questa misura avrebbe un costo di circa 900 milioni, che raddoppierebbe salendo a circa 2 miliardi dal secondo anno. Accanto a questa primo intervento l’esecutivo vorrebbe però fare un passo ulteriore tagliando, dal terzo anno, di 3 o anche 4 punti l’aliquota contributiva standard che passerebbe così dal 30-33% al 26-29% nel caso di riduzione di 4 punti.

Questa misura, che impatterebbe sui conti a partire dal 2020, avrebbe però un costo crescente (prime indiscrezioni parlano di 5 miliardi) perché “nel giro di pochi anni – come spiega il viceministro all’Economia Enrico Morando, sostenitore di questa soluzione – arriverebbe a interessare un lavoratore italiano su due”. Si tratterebbe quindi “non di un ritocco ma di un intervento importante”.

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