Il Papa in Colombia per sanare le ferite di 50 anni di guerra interna

(Photo credit: Philip Pullella)
(Photo credit: Philip Pullella)

CITTA’ DEL VATICANO. – Non solo suggellare un accordo di pace che in Colombia è stato raggiunto dopo oltre 50 anni di guerra interna e che ora richiede di essere consolidato con un processo di vera e propria rinascita nazionale, ma anche dare un messaggio a un mondo percorso da mille tensioni e da mille conflitti reali o striscianti: quello che la pace e la riconciliazione sono obiettivi possibili, tramite anche un cammino di ricomposizione, di perdono, di solidarietà, di cui il Paese latino-americano può essere esempio a livello globale.

E’ questo che papa Francesco vuole dal suo ventesimo viaggio all’estero, che da mercoledì 6 a domenica 10 settembre (con ritorno a Roma l’11) lo porterà in Colombia, terzo Papa nel Paese dopo Paolo VI nel 1968 e Giovanni Paolo II nel 1986. Nel videomessaggio al popolo colombiano, Bergoglio oggi dice di andare nel Paese “come pellegrino di speranza e di pace”: “la pace è quella che la Colombia cerca e per il cui conseguimento lavora da molto tempo. Una pace stabile, duratura, perché possiamo vedervi e trattarci come fratelli, non come nemici”.

E un primo risultato concreto del viaggio è che, dopo l’accordo di un anno fa del governo con l’ex guerriglia delle Farc, principale movimento armato colombiano che ora, deposte le armi, si trasforma in partito con obiettivo le elezioni, proprio a due giorni dall’arrivo di Francesco il presidente Juan Manuel Santos ha detto che firmerà un cessate il fuoco bilaterale con l’ultimo grande gruppo ribelle attivo nel Paese, l’Esercito di liberazione nazionale (Eln), in occasione della visita del Pontefice: l’accordo sarà siglato a Quito, in Ecuador, dove sono in corso da febbraio negoziati, e sarà in vigore dal 1/o ottobre fino al 12 gennaio dell’anno prossimo.

Mentre così il processo di pacificazione si allarga, il Paese è chiamato anche al passo più difficile, quello di sanare le ferite lasciate da oltre mezzo secolo di conflitto armato. E la riconciliazione nazionale è uno dei grandi temi del viaggio papale, dall’eloquente motto “Demos el primer paso” (Facciamo il primo passo).

Delle quattro tappe della visita – Bogotà con gli incontri istituzionali e con i vescovi di Colombia e Sudamerica, Medellin con l’incontro col clero sullo sfondo del dominio di criminalità e narcotraffico, la coloniale Cartagena con i particolari accenti su sociale e povertà -, è a Villavicencio (seconda città visitata dopo la capitale) che si avrà il momento cruciale sul piano delle nuova e futura concordia nazionale.

Nel pomeriggio di venerdì 8, nel Parque de Las Malocas, è previsto il grande incontro di preghiera per la riconciliazione nazionale, in cui tra letture bibliche, canti e scambi di pace, discorso del Papa e preghiera di San Francesco, porteranno le loro testimonianze quattro tra ex guerriglieri, ex miliziani, vittime della violenza, testimoni della tragica epoca della guerriglia.

Anziché in un contesto “politico” o istituzionale, insomma, come ha sottolineato il portavoce vaticano Greg Burke, Bergoglio ha voluto che l’incontro con ex esponenti armati rivoluzionari avvenisse “in un quadro liturgico e di preghiera”. E se tante sono le questioni aperte nel Paese che è il settimo con più cattolici al mondo (45,2 milioni su una popolazione di 48,2 milioni, il 93,9 per cento del totale), le lesioni da rimarginare, le contrarietà all’accordo con le Farc anche all’interno della Chiesa oltre che della società, proprio la comunità ecclesiale è tenuta a dare un forte contributo per la rigenerazione della società.

Lo dice bene sul nuovo Civiltà Cattolica il colombiano padre Josè Dario Rodriguez Cuadros, ricercatore presso l’École des hautes études en Sciences sociales di Parigi, secondo cui la Chiesa locale ha oggi l’opportunità per essere “profetica, pastorale e maestra”. Una Chiesa “profetica”, spiega, “che alzi sempre la voce a favore delle vittime, in difesa della dignità umana. Una Chiesa pastorale, che resti al fianco del suo popolo, cammini con esso, ne abbia compassione, lo consoli, lo incoraggi. Un popolo, che include anche i violenti – per la maggior parte battezzati – che hanno deposto le armi”.

Infine, “una Chiesa maestra, capace di guidare e di mostrare una luce nel travagliato cammino che il popolo colombiano ha vissuto negli ultimi decenni”. “Maestra di riconciliazione, di unità e di pace – aggiunge -. E non soltanto a partire da insegnamenti astratti o da esortazioni teoriche, ma sul campo, in mezzo alla gente, nelle periferie geografiche, sociali, culturali e intellettuali della Colombia di oggi”.

(di Fausto Gasparroni/ANSA)

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