Controlli sulle mail di lavoro, ok Strasburgo ma paletti

Controlli su mail lavoro
Controlli su mail lavoro

STRASBURGO. – Adesso è vita dura per gli insider che vendono i segreti dell’azienda o per gli impiegati amanti clandestini che si scambiano foto e messaggi d’amore via mail o messaggerie varie invece che lavorare. La Corte dei diritti dell’uomo, con una sentenza su un caso in Romania, ha stabilito che i datori di lavoro possono sorvegliare, con le dovute cautele, le conversazioni via internet fatte dai loro impiegati durante le ore di lavoro.

Ma lo devono fare entro precisi limiti, con la massima trasparenza e rispettando paletti spazio-temporali. E lo ha fatto dando simbolicamente ragione ad un lavoratore licenziato per i risultati dei controlli fatti sulle sue comunicazioni, nel senso che la Romania è stata condannata proprio per non aver fissato e fatto rispettare tali limiti.

Nella sentenza la Corte di Strasburgo ha indicato tra i criteri da rispettare, ad esempio, la necessità di una notifica prima di poter cominciare i controlli. Che non possono estendersi fuori delle ore di lavoro o dell’ufficio. Ma ha specificato che gli Stati devono assicurarsi che il datore di lavoro rispetti i limiti, altrimenti viene considerato violato il diritto alla privacy del lavoratore.

Per determinare se l’accesso e il monitoraggio delle comunicazioni sui sistemi di messaggeria elettronica sono legittimi bisogna innanzitutto verificare se il lavoratore ha ricevuto una notifica sulla possibilità che l’azienda prenda misure per controllare la sua corrispondenza e comunicazioni, su come queste misure saranno messe in atto, e il loro scopo.

Per non incorrere in una violazione della privacy del lavoratore, dice la Corte di Strasburgo, la notifica deve essere chiara sulla natura dei controlli che saranno effettuati e deve essere consegnata al lavoratore prima che il monitoraggio abbia luogo. I giudici di Strasburgo indicano che senza una previa notifica il datore di lavoro non deve accedere al contenuto delle comunicazioni. Inoltre, le misure di sorveglianza devono servire unicamente agli scopi che il datore di lavoro ha dichiarato nella notifica.

La Corte indica anche che il monitoraggio delle comunicazioni non deve superare certi limiti e deve essere stabilito il grado d’intromissione nella privacy del lavoratore che il controllo ha raggiunto. Quindi deve essere fatta una distinzione tra il controllo del flusso delle comunicazioni e quello sul contenuto. Deve essere determinato se sono state monitorate tutte le comunicazioni o solo una parte, se il controllo è stato limitato nel tempo e nello spazio, e quante persone hanno avuto accesso ai risultati della sorveglianza.

Va poi verificato se il datore di lavoro ha fornito sufficienti ragioni per giustificare il monitoraggio delle comunicazioni e soprattutto l’accesso al loro contenuto. Infine va determinato se l’azienda poteva raggiungere lo stesso risultato utilizzando misure meno intrusive dell’accesso al contenuto delle comunicazioni del lavoratore. In caso di controversie, a decidere se paletti e criteri sono stati rispettati, possono essere i tribunali ma anche le authority.

La Corte di Strasburgo indica che gli Stati non hanno l’obbligo di introdurre leggi specifiche che regolino la materia. A Strasburgo rilevano che al momento solo 6 Stati membri del Consiglio d’Europa, Austria, Finlandia, Lussemburgo, Portogallo, Slovacchia e Regno Unito hanno regolato la questione della privacy sul luogo di lavoro attraverso leggi.

In Italia invece i datori di lavoro possono monitorare le mail segnalate come private dal lavoratore ma non gli è permesso di accedere al contenuto. Il nostro inoltre, è uno dei Paesi che ha posto limiti sul monitoraggio delle comunicazioni a seconda che siano di natura professionale o personale.

(di Samantha Agrò/ANSA)