Dramma Rohingya, oltre 120 mila in fuga dalle violenze

Dramma Rohingya
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ROMA. – Le dimensioni sono da esodo e la crisi umanitaria rischia di fare più vittime della violenza dell’esercito birmano che da giorni brucia villaggi e uccide senza pietà i Rohingya, la minoranza musulmana che vive nell’area occidentale del Rakhine. 123 mila persone, secondo le ultime stime dell’Onu, sono fuggite dalla Birmania e hanno cercato riparo nei campi ormai saturi del vicino Bangladesh in condizioni al limite della sopravvivenza. Altre migliaia, un numero imprecisato, sono nella terra di nessuno tra i due Paesi.

A fianco dei Rohingya sono scesi in campo l’Unione Europea e la Turchia mentre si moltiplicano le critiche alla leader Aung San Suu Kyi, vittima della repressione in un passato recente che sembra aver dimenticato e premio Nobel per la pace che, a tutelare i diritti umani della minoranza musulmana, non ci pensa proprio. Sono arrivate anche a Bruxelles le immagini delle lunghe file di fuggiaschi, spesso scalzi, che si trascinano dietro qualche sacco di masserizie, delle donne con i piccoli in braccio e i più grandi che arrancano dietro.

E l’Ue ha chiesto “accesso umanitario illimitato” per raggiungere i 350 mila Rohingya “vulnerabili” in un territorio off limits per organizzazioni internazionali e giornalisti. In contemporanea ha lanciato un appello “a tutte le parti per allentare le tensioni, perché rispettino pienamente le leggi umanitarie internazionali e, in particolare, si astengano da ogni violenza sui civili”, mentre il Commissario per gli Aiuti Umanitari Christos Stylianides ha espresso “grande apprezzamento” per l’ospitalità del Bangladesh.

“I numeri sono molto preoccupanti. Stanno crescendo molto rapidamente”, ha detto da parte sua la portavoce dell’Agenzia Onu per i rifugiati (Unhcr) Vivian Tan. “Molti hanno camminato per giorni dai loro villaggi – facendosi largo nella giungla, attraversando montagne e fiumi con quello che hanno potuto salvare dalle proprie case”, scrive l’Unhcr in un comunicato, specificando che i profughi sono affamati, traumatizzati, bisognosi di assistenza medica. Ad Aung ha telefonato il presidente turco Recep Tayyip Erdogan chiedendo di evitare un uso eccessivo della forza e proteggere i civili.

Il ministro degli Esteri di Ankara, Mevlut Cavusoglu, sarà in Bangladesh per valutare la situazione dopo che la scorsa settimana aveva chiesto a Dacca di aprire le frontiere ai Rohingya promettendo che la Turchia si sarebbe fatta carico degli aiuti umanitari necessari. Contro Aung si è schierata anche l’altro Nobel per la pace, Malala Yousafzai, che ha lanciato un duro appello alla leader birmana perché prenda posizione contro le violenze nei confronti dei Rohingya.

Nei giorni scorsi l’Alto Commissario Onu per i diritti umani, Zeid Ra’ad Al Hussein, aveva accusato il governo della Birmania di aver ignorato decenni di “persistenti e sistematiche violazioni”. Il bagno di sangue, costato la vita finora a 400 persone, è iniziato il 25 agosto dopo un attentato a diverse caserme da parte di una milizia estremista Rohingya. La reazione dell’esercito è stata durissima, la giustificazione del governo è che è in atto una campagna contro terroristi islamici.

(di Eloisa Gallinaro/ANSA)

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