Ue, adeguare il codice Schengen di fronte alla minaccia del terrorismo

Segnale di Stop alla frontiera. Brexit
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Adeguare il codice delle frontiere Schengen

BRUXELLES. – Adeguare il codice delle frontiere Schengen “alla luce dell’evoluzione del quadro delle minacce”, in particolare quella legata al “terrorismo”: è il senso della riflessione in seno alla Commissione europea, sulla spinta delle cancellerie di Berlino e Parigi. La proposta di Bruxelles è prevista “a breve”, e anche se il punto non è ufficialmente indicato all’ordine del giorno del consiglio Interni Ue di giovedì 14 settembre, in molti sono pronti a scommettere che l’argomento sarà sul tavolo, probabilmente introdotto il giorno prima, da un passaggio del discorso sullo stato dell’Unione, che il presidente dell’esecutivo Ue Jean Claude Juncker, pronuncerà al Parlamento europeo.

“Vogliamo essere sicuri che l’attuale quadro legale sia sufficiente ad affrontare le sfide che ci troviamo di fronte, inclusa quella del terrorismo”, ha spiegato il commissario alla Sicurezza dell’Unione Julian King, aggiungendo un dettaglio alla conferma sul ‘ragionamento’ in corso, arrivata già ieri dal responsabile Affari interni Dimitris Avramopoulos.

Bocche cucite sui dettagli per il momento. Ma quello che è facile immaginare, è che, tra le varie opzioni, si lavori ad un meccanismo che permetta di introdurre controlli di lunga durata alle frontiere interne, nel caso un Paese si trovi di fronte ad una persistente minaccia terroristica. Di fatto un fenomeno recente per l’Europa, iniziato due anni fa con gli attentati dell’Isis a Parigi e Bruxelles.

Potrebbe trattarsi di uno strumento concettualmente simile all’articolo 29 del codice Schengen, disegnato per far fronte a flussi migratori irregolari straordinari, attivato in occasione dell’ondata eccezionale sulla rotta dei Balcani occidentali, del 2015. Un sistema che ha consentito a cinque Paesi – Germania, Austria, Svezia, Danimarca e Norvegia – di reintrodurre per quasi due anni (è previsto il rinnovo quattro volte, fino a sei mesi, per un massimo di due anni), i controlli ad alcuni dei propri confini nazionali, e la cui ultima improrogabile scadenza è prevista per l’11 novembre.

Nelle settimane scorse, il capo dell’Eliseo, Emmanuel Macron, era stato piuttosto esplicito nell’evocare la necessità della nuova misura. E anche la cancelliera Angela Merkel, che si avvia verso la sfida elettorale del 24 settembre, ha battuto sul punto, politicamente sensibile.

L’esigenza, del resto, era già stata sollevata a fine febbraio, quando l’allora ministro dell’Interno francese Bruno Le Roux ed il suo omologo tedesco Thomas de Maiziere avevano inviato una lettera alla Commissione europea, spingendo per una “revisione del codice Schengen” (articolo 25) per l’introduzione di “controlli temporanei alle frontiere interne, in caso di minacce gravi per l’ordine e la sicurezza interna, per durate superiori rispetto a quelle attualmente previste”, nel quadro di una cooperazione più approfondita tra Stati per la lotta al terrorismo.

E’ dal novembre 2015 che la Francia, il Paese dell’Unione più colpito dagli attacchi di Daesh, ha in vigore controlli a tutti i suoi confini. Avviati in occasione del vertice Onu sul clima (Cop-21) a Parigi, per un mese, erano stati prorogati per la prima volta il 14 dicembre 2015, a seguito degli attacchi di Parigi, quando il governo aveva decretato il piano Alpha Rouge, un livello di allerta mai toccato prima, quello legato agli “attacchi multipli”.

(di Patrizia Antonini/ANSA)