Schiaffo di Trump ai repubblicani. Fb irrompe in Russiagate

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Trump, crisi diplomatiche

WASHINGTON. – E’ scontro fra Trump e i repubblicani, mentre il Russiagate riprende quota con l’interrogatorio al Senato di Donald Trump jr e la scoperta da parte di Facebook di aver venduto, durante le presidenziali, spazi pubblicitari ad una società legata al Cremlino. Frustrato dal Grand Old party e dai suoi dirigenti, considerati non sufficientemente leali e incapaci di attuare la sua agenda al Congresso, il presidente ha stretto un accordo con i leader democratici per estendere sino a metà dicembre il tetto del debito pubblico e il finanziamento dell’attività governativa, aggirando così la riluttanza di molti repubblicani ed evitando a fine mese il default e lo shutdown.

In cambio ha incassato subito il loro appoggio ai fondi per l’uragano Harvey, già approvati dalla Camera, e ha concordato pure di lavorare alla rimozione definitiva del tetto del debito. Ma ha dovuto promettere di difendere i Dreamers dopo averne abolito il programma di tutela. “Per tutti quelli che sono preoccupati per il loro status di dreamers nei prossimi sei mesi, non avete nulla da preoccuparvi. Nessuna azione!”, ha scritto in un tweet che la leader della minoranza dem Nancy Pelosi sostiene di aver sollecitato.

L’intesa suona come uno schiaffo al Grand Old Party, aggravato peraltro dal suo endorsement durante un comizio in nord Dakota ad una senatrice dem, Heidi Heitkamp (“good woman”), per le elezioni di midterm del 2018. I maggiorenti del partito repubblicano gettano acqua sul fuoco delle polemiche ma dietro le quinte sono furiosi per questo ennesimo smacco da parte del tycoon, sottolineato dai media di destra come di sinistra.

“Ora il presidente sta tenendo l’intero partito in ostaggio, dopo il takeover ostile della nomination”, sintetizza il Wp. Spiazzato anche il segretario al tesoro Steve Mnuchin: pure lui, come i repubblicani, puntava ad una estensione a lungo termine del tetto del debito, oltre le elezioni di midterm del 2018.

I leader del Republican Study Committee, che riunisce oltre 150 deputati conservatori (sui 240 totali), sono già usciti allo scoperto e si sono dichiarati contrari all’accordo stretto da Trump: “incrementerà semplicemente il potere governativo di contrarre prestiti ignorando irresponsabilmente l’urgenza delle riforme”, ha scritto il presidente Mark Walker in una lettera allo speaker Paul Ryan, che ora rischia di vedere frantumato il partito.

La Casa Bianca tira dritto: “Il presidente è impegnato a lavorare anche con l’opposizione e a fare ciò che è necessario per servire al meglio il popolo americano”.

Intanto si riaccendono i fari sul Russiagate. In una audizione a porte chiuse, Donald Trump Jr. ha ammesso che nel giugno del 2016 organizzò un incontro con l’avvocatessa russa Natalia Veselnitskaya, intrigato dalla possibilità che potesse avere materiale compromettente su Hillary Clinton per sapere se era ‘idonea’ alla presidenza, escludendo tuttavia ogni collusione con il governo di Mosca.

Ma le ultime rivelazioni di Facebook gettano una nuova ombra sulla Russia: Fb ha rivelato alle autorità Usa la scoperta di aver venduto pubblicità per 100 mila dollari ad una società opaca (Internet Reseach Agency) legata al Cremlino, che tra il giugno del 2015 e il maggio del 2017 ha gestito con 470 account falsi messaggi politici e sociali divisivi, su temi poi cavalcati da Trump. Una prima conferma ai sospetti sull’uso dei social media da parte di Mosca per condizionare il voto.

(di Claudio Salvalaggio/ANSA)

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