Pensioni: Boeri contrario ad uscita anticipata delle donne

Manifestazione di donne per la pensione
Donne in pensione
Pensioni: Boeri contrario uscita anticipata donne

ROMA. – Per le donne madri ci vuole più lavoro non interventi che riducano i requisiti di accesso per la pensione di vecchiaia: il presidente, Inps, Tito Boeri, interviene alla vigilia del confronto tra Governo e sindacati sulla previdenza sottolineando i rischi di eventuali misure per l’uscita anticipata delle donne così come chiesti dai sindacati.

“Hanno carriere discontinue – spiega parlando al Forum nazionale valore D che si è tenuto oggi alla Luiss – e pensioni che sono spesso molto basse”. Il rischio è che “il datore di lavoro sfrutti la possibilità di fare uscire anticipatamente le donne con figli per ridurre la forza lavoro obbligandole a prendere una pensione molto bassa per il resto della loro vita”.

Essendo il sistema basato ormai sul calcolo contributivo, infatti, l’uscita anticipata significa percepire un assegno più basso. Il problema – ha avvertito Boeri – è l’accesso al mondo del lavoro, non il sistema pensionistico. Nel nostro Paese solo il 49,1% delle donne tra i 15 e i 64 anni è occupata, un dato in progressivo miglioramento ma comunque tra gli ultimi nell’Ue e questo si riflette sul sistema pensionistico con trattamenti per le donne in media molto più bassi rispetto agli uomini.

Ma il tema – sottolinea Boeri – è anche culturale con il lavoro di cura concentrato sulle donne anche quando hanno un impiego retribuito. Andrebbe condiviso con i padri (solo un terzo dei neopadri usufruisce del congedo obbligatorio per la nascita del figlio, dice) evitando “scorciatoie”. Un eventuale intervento per favorire l’uscita delle donne con figli inoltre, avverte, creerebbe discriminazioni con quelle senza figli.

Intanto si cerca la quadra nel confronto tra Governo e sindacati sulla previdenza non solo sul tema delle donne ma anche della pensione per le generazioni più giovani, la rivalutazione degli assegni e la Governance dell’Inps. Sullo sfondo resta lo “scalone” in arrivo nel 2018 con il passaggio per le donne dipendenti private da 65 anni e sette mesi a 66 anni e sette mesi per l’accesso all’età di vecchiaia. In pratica l’anno prossimo saranno pochissime le donne dipendenti private che potranno uscire dato che la classe 1952 è già uscita nel 2016 (era prevista una deroga) e la classe 1953 potrà uscire solo nel 2020 (a meno che non si blocchi l’aumento dell’età legata all’aspettativa di vita prevista per il 2019, in quel caso potranno uscire dopo luglio 2019).

Riusciranno ad andare in pensione le dipendenti private con 41 anni e 10 mesi di contributi o le autonome per i quali l’incremento di età è solo di 6 mesi (da 66 anni e un mese a 66 e 7 mesi).

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