In Messico si continua a scavare. Mistero su Frida

In Messico si continua a scavare
In Messico si continua a scavare. (ANSA/AP Photo/Moises Castillo)
In Messico si continua a scavare
In Messico si continua a scavare. (ANSA/AP Photo/Moises Castillo)

CITTA’ DEL MESSICO. – A più di 48 ore dal devastante terremoto a Città del Messico non si spegne la speranza di ritrovare persone ancora in vita sotto le macerie, mentre si contano ancora i morti che – secondo Televisa – hanno raggiunto il numero di 250.

Oggi nella capitale è stato anche il giorno delle incertezze, in particolare sul destino di una bambina imprigionata sotto i detriti della scuola ‘Enrique Rebsamen’: la dodicenne Frida, diventata simbolo della lotta contro il tempo per salvare vite umane. L’attenzione di milioni di messicani e i riflettori dei media rimangono puntati sulla scuola nel sud della città, dove in totale hanno perso la vita 26 persone, 21 dei quali bambini.

Lo stabile è crollato durante il terremoto, in pochi secondi, e non c’è stato niente da fare. Fin dalle prime ore dopo la mega-scossa di martedì il caso che è diventato il simbolo degli sforzi di soccorritori e volontari è stato proprio quello di ‘Frida’, la bambina intrappolata sotto i detriti della scuola. Ieri, la piccola avrebbe mosso le dita, facendo pensare che fosse ancora in vita, ma i media locali non esitano a definire ‘confuso’ il caso, indicando tra l’altro che nessun genitore si è finora presentato alle autorità per chiedere informazioni su di lei.

“Forse c’è una confusione sul suo nome”, ha precisato il ministro dell’educazione, Aurelio Nuño. La bambina è stata infatti chiamata ‘Frida’ da un soccorritore per facilitare il contatto, affermano fonti locali. Successivamente, la bambina è stata chiamata dai media anche ‘Frida Sofia’. La scuola ha da parte sua chiarito che le piccole con i nomi ‘Frida’ e ‘Sofia’ erano già state soccorse o comunque identificate.

Nel collegio, fin da stamani presto si sono susseguite le richieste dei soccorritori di fare silenzio per individuare segnali di vita tra le macerie: ed è questa la certezza che conforta i messicani, i quali trattengono il respiro anche su altri soccorsi in corso e sulla corsa contro le ore che passano. Per esempio, quello di Erik Gaona: un ragazzo 24/enne che in un altro punto della capitale è rimasto intrappolato sotto i resti di un palazzo di quattro piani. Finora, i morti accertati sono 250.

In particolare – secondo Televisa – 115 persone hanno perso la vita a Città del Messico, l’area più colpita dalla scossa, mentre le altre persone sono decedute negli stati di Morelos (73), Puebla (43), Messico (13), Guerrero (5), Oaxaca (1).

Ingenti anche i danni: il responsabile della protezione civile, Luis Felipe Puente, ha sottolineato che “secondo stime preliminari il numero degli edifici danneggiati oscilla tra 200, 500 o mille: dobbiamo ancora accertare il dato definitivo”.

Lentamente, la megalopoli messicana cerca comunque di riprendere il suo ritmo abituale: a differenza di quanto successo ieri – e delle ore successive a quell’ormai ‘maledetto’ martedì 19 settembre alle 13,14 – oggi il traffico è meno caotico, l’elettricità e i trasporti sono stati gradualmente ripristinati. Milioni di messicani cercano di superare il panico post-terremoto, ma per tornare alla normalità ci vorrà ancora molto tempo.

(di Marcos Romero/ANSA)