Di Maio blinda Raggi, ma la fronda pensa alla Legge Severino

Luigi Di Maio con Virginia Raggi in conferenza stampa.
Luigi Di Maio con Virginia Raggi. ANSA/ MASSIMO PERCOSSI
Il vicepresidente della Camera Luigi Di Maio con Virginia Raggi. ANSA/ MASSIMO PERCOSSI

ROMA. – Il M5s fa muro sulla richiesta di rinvio a giudizio della sindaca di Roma per il “caso” Marra. Beppe Grillo glissa sul possibile processo che dovrà affrontare la Raggi e si dice invece “soddisfatto” per la richiesta di archiviazione dalla duplice accusa di abuso d’ufficio. Allo stesso modo Luigi Di Maio conferma il sostegno alla prima cittadina: “il Movimento continua a lavorare per Roma”. Togliendosi un sassolino dalla scarpa, “la Procura ha chiesto di archiviare le accuse a Virginia Raggi per cui la stampa ci ha infangato per mesi”.

L’obiettivo di ignorare la richiesta di rinvio a giudizio e di concentrarsi sulla notizia positiva dell’archiviazione per l’abuso d’ufficio è la linea dettata dai vertici pentastellati. Una linea alla quale, anche se in alcuni casi con un certo imbarazzo, oggi si adegua il M5s.

La “tregua” sancita tra i “lealisti” e gli “ortodossi” regge anche a questa prova, ma le tensioni non sono del tutto sopite. I dissidenti si trincerano dietro la frase di circostanza “Abbiamo fiducia nella magistratura”, ma anche, sibila qualcuno, nella legge Severino, “che in caso di condanna superiore a due anni dovrebbe prevedere la sospensione dalle funzioni”.

Il M5s in ogni caso si sente in una botte di ferro. La convinzione, dice anche il capogruppo M5s al Senato Enrico Cappelletti, è che anche il reato di falso ideologico, l’accusa ancora pendente, sia destinata anch’essa “ad essere archiviata”. D’altra parte, assicura il capogruppo alla Camera e avvocato civilista, Andrea Colletti, dal punto di vista “etico-morale” sarebbe caduta l’accusa più grave, quella dell’abuso d’ufficio.

Ma non tutti i parlamentari concordano: “Il falso ideologico è comunque grave. E poi non eravamo noi quelli che dovevano anticipare i magistrati?”. E poi c’è il codice etico del Movimento, varato tra mille polemiche ma che ora, nel caso in cui la richiesta di rinvio dovesse essere accolta, cade a pennello per proteggere la sindaca dal rischio di sospensione.

Le regole del M5s non obbligano infatti ‘politicamente’ il M5s a sospendere la Raggi. Solo una condanna, anche in primo grado, e se c’è dolo, è considerata grave ed incompatibile con il mantenimento di una carica elettiva mentre, si legge nel Codice di Comportamento, “la ricezione, da parte del portavoce, di ‘informazioni di garanzia’ o di un ‘avviso di conclusione delle indagini’ non comporta alcuna automatica valutazione di gravità”.

Ma l’avvocato Lorenzo Borrè, il legale che sta dando battaglia nelle aule di Tribunale ai regolamenti M5s usati per espellere la dissidenza, non ne è così sicuro. “In altri casi di richiesta di rinvio a giudizio la richiesta di sospensione è stata pressoché automatica. E, una valutazione discrezionale in ipotesi giuridiche analoghe rischia di diventare discriminatoria” avverte.

(di Francesca Chiri/ANSA)

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