Zuckerberk replica a Trump: “Aperti a tutte le idee”

Mark Zuckerberg, fondatore e CEO di Facebook
Mark Zuckerberg, fondatore e CEO di Facebook (Reuters)
Mark Zuckerberg, fondatore e CEO di Facebook
Mark Zuckerberg, fondatore e CEO di Facebook (Reuters)

WASHINGTON. – “Facebook è una piattaforma per tutte le idee”. E’ secca la risposta di Mark Zuckerberg a Donald Trump, che aveva accusato il social media di essere “sempre” contro di lui. Anche i democratici, ha ricordato, avevano criticato la pubblicazione di alcuni contenuti accusando Fb di favorire Trump. Invece, ha insistito Zuckeberg in un lungo post, “Facebook ha dato voce alle persone, messo i candidati nelle condizioni di comunicare direttamente, aiutato milioni di persone a votare”.

Ma ha anche ammesso di essersi “pentito” di aver ridicolizzato come “folle” l’idea che la disinformazione su Facebook potesse aver avuto un impatto sull’esito delle elezioni presidenziali. “Non si può essere sprezzanti su un argomento così importante”, ha ammesso forse un po’ troppo tardivamente, quando ormai era incalzato dalle varie inchieste sul Russiagate, che lo hanno costretto a rivelare e consegnare agli inquirenti l’acquisto di pubblicità elettorale da parte di una società russa legata al Cremlino.

Il Congresso ha deciso di andare sino in fondo sull’uso delle reti sociali da parte di Mosca per condizionare le elezioni e le commissioni intelligence di Camera e Senato hanno già invitato ad una audizione pubblica non solo Facebook ma anche Google e Twitter (per quest’ultima oggi sono previsti incontri con gli staff dei parlamentari).

Nessuno dei tre giganti del web ha ancora confermato la sua presenza, ma la strada della collaborazione sembra inevitabile, mentre alcuni parlamentari stanno già mettendo a punto una legge che garantisca la trasparenza per le pubblicità politiche online, conservando una documentazione pubblica dei messaggi e facendo “ragionevoli sforzi” per evitare che siano acquistate direttamente o indirettamente da entità straniere.

L’attenzione si è ora concentrata su Twitter, che peraltro consente l’anonimato dell’utente e che finora è stata piuttosto silente sulla questione fake news: vi sono prove, secondo il Nyt, che potrebbe essere stata usata ancora più largamente di Facebook per influenzare la campagna elettorale americana.

La piattaforma sarebbe stata utilizzata non solo da account di falsi americani ma anche da account ‘bot’, i robot del web che generano messaggi su larga scala. Un’attività che continuerebbe anche oggi, con l’obiettivo, più che di sostenere Trump, di seminare caos e discordia nella società americana.

Lo dimostrerebbero i circa 600 account sospettati di essere legati alla Russia scoperti nell’ultimo mese dai ricercatori della Alliance for Securing Democracy, una iniziativa bipartisan del German Marshall Fund. Molti di questi hanno infuocato la polemica sulla protesta dei giocatori della Lega football (Nfl) contro l’inno nazionale, condannata duramente da Trump, ‘partecipando alla discussione con hashtag su entrambe le posizioni, come #boycottnfl ma anche #standforouranthem e #takeaknee.

(di Claudio Salvalaggio/ANSA)