Ocse: “Italia paese per vecchi, giovani svantaggiati”

Una manifestazione di giovani precari che mostrato un cartello con la scritta "80 voglia di lavoro"
Una manifestazione di giovani precari che mostrato un cartello con la scritta "80 voglia di lavoro"
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Ocse: Italia paese per vecchi,giovani svantaggiati.

 

ROMA. – L’Italia è uno dei paesi più vecchi dell’area Ocse e anche uno di quelli nei quali le generazioni giovani sono più svantaggiate: il Rapporto Ocse “Preventing Ageing Unequally” lancia l’allarme sulle difficoltà che incontrano i giovani del nostro Paese per entrare nel mercato del lavoro e nell’uscire dalla precarietà ma soprattutto sottolinea come sia peggiorata la condizione rispetto ai loro padri e nonni. Una condizione che si rifletterà nel momento della loro vecchiaia con pensioni considerevolmente più basse.

Il nostro Paese al momento ha 38 persone over 65 ogni 100 persone in età da lavoro (20-64 anni) a fronte dei 28 della media Ocse ma il numero salirà a 74 nel 2050 portando l’Italia al terzo posto tra i paesi più vecchi (53 la media Ocse). Il tasso di occupazione dei lavoratori tra i 55 e i 64 anni, grazie anche alla stretta sui criteri per l’accesso alla pensione, è cresciuto di 23 punti percentuali tra il 2000 e il 2016 a fronte di un aumento di un solo punto per la fascia tra i 25 e i 54 e di un crollo di 11 punti per la fascia più giovane. Questo ha significato un invecchiamento della forza lavoro bloccando di fatto il turn over in fabbriche e uffici.

Rispetto alla metà degli anni Ottanta il reddito di coloro che hanno tra i 60 e i 64 anni è cresciuto del 25% in più rispetto a quello di coloro che hanno tra i 30 e i 34 anni con un ritmo quasi doppio rispetto alla media Ocse (13%). E la situazione rischia di peggiorare dato che le riforme delle pensioni hanno legato più strettamente i guadagni durante la vita lavorativa con l’importo della pensione al momento del ritiro.

“La disuguaglianza nei salari durante la vita lavorativa – scrive l’Ocse – si trasformerà in disuguaglianza tra i pensionati”. E se in media nei paesi Ocse si trasmettono due terzi della diseguaglianza nei guadagni lungo la vita lavorativa in Italia questa si avvicina al 100%.

Dati i gap significativi nel tasso di occupazione tra le persone istruite e quelle con bassi livelli di istruzione sarà difficile – sottolinea l’Organizzazione – assicurare una pensione “decente” a queste ultime e alle donne che spesso restano fuori dal mercato del lavoro anche a causa del lavoro di cura. Bisognerebbe – suggerisce l’Ocse – intervenire sui servizi all’infanzia e su quelli educativi per dare maggiori opportunità alle donne liberandole da una parte dei lavori di cura e ai giovani migliorando anche la transizione tra la scuola e il lavoro.

L’Ocse sottolinea come nell’accesso alle pensioni siano svantaggiate le persone con redditi più bassi e meno istruite dato che hanno un’aspettativa di vita in media più bassa e quindi godono della pensione per meno tempo. In Italia la differenza nell’aspettativa di vita tra chi ha livelli bassi e alti di educazione è il più basso tra i paesi industrializzati con quattro anni in meno per gli uomini meno istruiti guardando a quella fissata a 25 anni (7,5 la media Ocse) e due (3,5 la media Ocse) guardando ai 65 anni.