Ira di Trump contro Papadopolous: “E’ un bugiardo”

Russiagate, il reo confesso Papadopoulos discuteva di 'questioni internazionali' con Trump:
Russiagate, il reo confesso Papadopoulos discuteva di ‘questioni internazionali’ con Trump.

 

 

WASHINGTON. – Passano poche ore e il presidente americano Donald Trump tuona contro l”anello debole’ che ha aperto uno squarcio per il procuratore speciale Robert Mueller: George Papadopoulos “ha dimostrato di essere un bugiardo” scrive Trump su Twitter, ma la tensione continua a montare a Washington in questo nuovo capitolo del cosiddetto ‘Russiagate’.

Anche perchè Facebook ha ammesso che i messaggi ‘appoggiati’ dalla Russia sono arrivati a 126 milioni di americani, un terzo della popolazione Usa, la metà del potenziale elettorato americano. Si tratta di documenti depositati nell’ambito dell’inchiesta condotta al Senato e dove sono cominciate le audizioni di Facebook, Twitter e Google proprio sul ruolo dei social network nelle presunte interferenze di Mosca sulle elezioni americane del 2016.

La testimonianza depositata da Facebook, anticipata da diversi media, mostra che circa 80mila pagine con ‘finti’ contenuti ‘sostenute’ dalla Russia sono state visitate e condivise dagli utenti di Facebook e ciò vuol dire, secondo i calcoli, che sono state viste da tre volte tanto il numero di destinatari originari.

Il ‘day after’ – dalle prime incriminazioni per Paul Manafort e Rick Gates adesso ai domiciliari – cade così nella giornata di Halloween e gli spettri che fanno tremare la Casa Bianca non appaiono poi così lontani. Il presidente è furioso: aveva seguito gli sviluppi incollato alla tv per ore dentro la Casa Bianca, non nello Studio Ovale, stando ad indiscrezioni raccolte dalla Cnn.

E, passata la notte, è tornato su Twitter con una sfilza di messaggi al vetriolo in cui non ha risparmiato nessuno: le Fake News “stanno facendo gli straordinari” ha scritto, ripetendo che non c’è collusione e insistendo invece nel puntare il dito contro i democratici.

Ma è su Papadopolous che si concentra la sua ira: già sminuito dalla Casa Bianca come un “volontario di basso livello”, Trump gli dà apertamente del bugiardo, poi è di nuovo la sua portavoce Sarah Sanders a sottolineare che l’ex collaboratore “ha fatto la cosa sbagliata”, ovvero “ha mentito e questo è un problema suo”.

Ma ciò che Papadopolous ha deciso di fare adesso è collaborare con gli investigatori in modo “attivo”, elemento quest’ultimo sottolineato dagli investigatori che secondo esperti interpellati da diversi media in Usa può far pensare che il volontario abbia registrato conversazioni, sia telefoniche sia di persona.

Intanto spuntano i nomi dei ‘contatti’ citati da Papadopoulos: e-mail ottenute dall’Associated Press mostrano che le conversazioni di Papadopoulos citate nei documenti giudiziari furono tenute con Joseph Mifsud e Ivan Timofeev. Mifsud è un professore e direttore onorario della London Academy of Diplomacy, Ivan Timofeev è direttore dei programmi presso il Russian International Affairs Council a Mosca.

Secondo i documenti, un professore (non identificato) nell’aprile del 2016 disse a Papadopoulos via mail che i russi avevano materiale compromettente su Hillary Clinton. Nelle carte si sottolinea inoltre che Papadopoulos ebbe conversazioni con un altro uomo in contatto con il ministero degli Esteri russo.

Mosca reagisce e parla di accuse “ridicole, dichiarazioni ridicole, di bassa lega, infondate e gratuite”, stando al portavoce del Cremlino Dmitri Peskov. Per il ministro degli Esteri russo Seghiei Lavrov sono solo “fantasie”.

A Washington è difficile adesso prevedere cosa riserva la prossima ‘pagina’ di una vicenda che si prospetta lunga e articolata, e Trump – secondo indiscrezioni – è stretto tra due ‘scuole di pensiero’: da una parte il suo chief of staff John Kelly e l’avvocato che guida la squadra legale del presidente, Ty Cobb, suggerirebbero di mantenere la calma e collaborare (con richieste di informazioni e documenti per esempio). Ma dall’altra c’è ancora Stephen Bannon, l’ex stratega di Trump, che pur ormai fuori dalla West Wing mantiene la presa su una parte della base, il suo parere sarebbe per una risposta più vigorosa e chiara del presidente nel respingere accuse e sospetti.

(di Anna Lisa Rapanà/ANSA)