Pd “rassegnato”, e Renzi accetta la sfida tv con Di Maio

Luigi Di Maio durante il talk show Rai "Politics - Tutto è politica" condotta da Gianluca Semprini. ANSA/ANGELO CARCONI
Luigi Di Maio durante il talk show Rai “Politics – Tutto è politica” condotta da Gianluca Semprini. ANSA/ANGELO CARCONI

ROMA. – Il Pd è ormai rassegnato al risultato in Sicilia, dove lo scontro è polarizzato tra Nello Musumeci e Giancarlo Cancelleri. Lontano dai microfoni e fuori dai taccuini, è di fatto già partito lo scaricabarile per ridimensionare, a Roma, a voto locale la sfida nell’isola:

“Il candidato è debole, la coalizione pure e siamo onesti il Pd in Sicilia non esiste, prese il 13 per cento alle ultime regionali”, è l’analisi dei dirigenti dem che giustificano così perchè Matteo Renzi abbia preferito Chicago ad un tour de force elettorale che non avrebbe cambiato il risultato.

Ma, comunque vada, l’ex premier non ha intenzione di fuggire. Proprio per questo ha accettato la sfida tv del rivale M5S Luigi Di Maio per un confronto dopo il voto in Sicilia condito dall’accusa di avere in tasca “un accordo per spartirsi la Sicilia e l’Italia con Berlusconi”.

“Vediamoci martedì 7”, rilancia il segretario dem per il quale il faccia a faccia, su cui manca ancora l’accordo se ci debba essere su una rete Rai o su La 7, sarà l’occasione per un match a tutto campo che vada al di là del risultato siciliano. Il risultato di domenica, al di là del vincitore, ha comunque un valore in vista delle elezioni politiche: è di fatto la prima conta a sinistra dopo la scissione. E per questo Andrea Orlando dice che è “azzardato derubricare” l’esito a fatto locale.

Il Pd nega anche questo riflesso nazionale, accampando appunto la debolezza del partito in un’isola storicamente di centrodestra. Ma in Mdp tutti i dirigenti, da Bersani a Speranza, sono pancia a terra a sostegno di Claudio Fava puntando ad un risultato che metta in difficoltà i dem e dimostri la validità dell’addio al Pd.

Il Pd non teme il sorpasso nei voti di lista, “le nostre liste sono molto più forti di quelle della sinistra”, si osserva ma ora guarda con crescente preoccupazione al voto disgiunto con il quale un elettore potrà votare una lista e un candidato presidente che fa riferimento ad una coalizione diversa.

Un voto che da un lato porterebbe molti ‘papabili’ di centrosinistra siciliani a votare Musumeci per impedire la vittoria del candidato grillino e dall’altro potrebbe portare una parte dell’elettorato di centrosinistra a preferire Fava alla candidatura del ‘tecnico’ Micari. “Il voto disgiunto lo pagheremo”, ammettono a Roma.

Ma, pur negando riflessi nazionali, Renzi si sta attrezzando ad arginare scossoni nazionali. Prima di tutto dentro il Pd. In questi giorni, anche da Chicago, a quanto si apprende, avrebbe contatto big della minoranza come Andrea Orlando e Michele Emiliano mostrando la sua disponibilità al confronto per costruire la coalizione di centrosinistra.

Il leader dem guarda con grande attenzione all’apertura di Emma Bonino ma non vuole dare per perso il dialogo con Giuliano Pisapia, nonostante i segnali non siano buoni. Al punto che, avrebbe detto a qualche interlocutore che se ci fossero le condizioni, sarebbe anche pronto a fare le primarie di coalizione.

Una buona volontà che punta a rassicurare, in vista delle politiche, i rivali interni e a mostrare l’intenzione di decidere insieme le mosse e anche le candidature, vera croce e delizia su cui si stanno già arrovellando tutte le correnti dem.

(di Cristina Ferrulli/ANSA)