Bufera sui Paradise Papers. Corbyn: “La regina si scusi”

 

LONDRA. – La bufera mediatica dei ‘Paradise Papers’, con le rivelazioni su investimenti offshore nei paradisi fiscali e spregiudicate operazioni finanziarie dell’elite globale, imperversa in molti Paesi del mondo ma fa sentire tutta la sua forza nel Regno Unito. In particolare su Buckingham Palace.

A tuonare contro ricchi e potenti coinvolti nell’inchiesta giornalistica, fra cui la regina Elisabetta, è stato il leader laburista Jeremy Corbyn. Al termine di un intervento alla conferenza annuale della Confindustria britannica, la Cbi, ha lasciato intendere che la sovrana dovrebbe chiedere scusa per aver investito, tramite il suo Ducato di Lancaster, 10 milioni di sterline in fondi alle isole Cayman e Bermuda, per poi affermare che queste operazioni devono finire sotto la lente di una vasta inchiesta pubblica contro l’elusione e l’evasione fiscale.

Se da Palazzo non è uscita nessuna dichiarazione, il ducato, che riunisce proprietà e asset privati della regina, si è difeso sostenendo attraverso un suo portavoce che “tutti i nostri investimenti sono dichiarati e legittimi”. Anche se al momento non si riscontrano violazioni delle normative fiscali, questi investimenti sono per lo meno giudicati inopportuni dai media e da larga parte dell’opinione pubblica, tanto più perché sono stati reinvestiti anche in società controverse, come BrightHouse, rivenditore britannico di elettrodomestici a credito multato per gli interessi esorbitanti chiesti ai suoi clienti.

In generale è una situazione piuttosto imbarazzante per la famiglia reale, che da un lato riceve finanziamenti pubblici per il proprio mantenimento e dall’altro è sospettata di eludere, anche se con mezzi leciti, il pagamento delle tasse nel Regno.

Corbyn non ha potuto tacere a fronte di queste contraddizioni sebbene poi un portavoce del Labour abbia tentato di ridimensionare le critiche del capo dell’opposizione alla monarchia. Il leader laburista aveva già affermato che chi utilizza per i suoi interessi i paradisi fiscali non solo deve chiedere scusa ma riconoscere il danno che provoca ai servizi pubblici nel Regno Unito e quindi all’intera società.

Il Labour vuole far luce e in fretta su queste e altre rivelazioni, come quelle riguardanti un grande finanziatore dei Tories, Lord Ashcroft, che ha mosso decine di milioni attraverso un trust offshore. Il Cancelliere dello Scacchiere ombra, John McDonnell, chiede l’avvio di una inchiesta ai Comuni, dopo aver criticato la premier conservatrice Theresa May e il suo predecessore David Cameron per non aver agito in questo senso.

La leader Tory, già in forte difficoltà per lo scandalo molestie sessuali a Westminster, ha lanciato un appello piuttosto generico ai contribuenti affinché “paghino le tasse dovute”.

Lo scandalo dei Paradise Papers coinvolge anche le autorità di altri Paesi. Il segretario al Commercio dell’amministrazione Trump, Wilbur Ross, ha respinto le accuse nei suoi confronti definendole “completamente sbagliate”. In base ai documenti pubblicati avrebbe nascosto al Congresso Usa i suoi legami con un’azienda di spedizioni marittime in cui pare abbia interessi un parente del presidente russo Vladimir Putin.

In Brasile i ministri delle Finanze, Henrique Meirelles, e dell’Agricoltura, Blairo Maggi, sono finiti nelle carte dei ‘Paradise Papers’ e in Germania il governo chiede di avere i documenti per esaminarli “sul piano della legislazione europea” e compiere un confronto a livello nazionale. Fra i nomi compare anche quello dell’ex cancelliere tedesco, Gerhard Schroeder, che nel 2009 ricopriva l’incarico di “consigliere indipendente” all’interno del consiglio di sorveglianza della joint venture russo-britannica TNK-BP, con sede nelle Isole vergini.

La stampa britannica punta poi l’indice contro Apple: che ha “una nuova struttura segreta che le consentirà di evadere miliardi in tasse”, ha rivelato la Bbc citando la documentazione. “Apple ha schivato il giro di vite del 2013 sulle sue controverse pratiche fiscali adottate in Irlanda, cercando un altro paradiso fiscale in giro per il mondo”, scrive la Bbc. “Apple ha quindi spostato la sua sussidiaria che detiene la sua enorme riserva di denaro non tassato a Channel Island of Jersey”, le isole nel Canale della Manica. Apple smentisce che la struttura abbia consentito di evadere e che “non ha ridotto i pagamenti in nessun Paese”.