Ocse, Italia longeva ma si invecchia male

 

 

PARIGI. – Italia nell’Olimpo dei Paesi Ocse per aspettativa di vita, ma gli italiani invecchiano male e la percezione delle loro condizioni di salute non è altrettanto positiva: è quanto emerge dal Panorama-Salute 2017 realizzato ogni due anni dall’organismo internazionale di Parigi.

Dal 1970 ad oggi la speranza di vita è cresciuta di oltre 10 anni nell’insieme della zona Ocse, raggiungendo una media di 80,6 anni. Sul podio del Paese più longevo c’è il Giappone (83,9 anni), seguito da Spagna e Svizzera (83 anni). L’Italia si piazza al quarto posto con 82,6 anni nel 2015. I livelli più bassi vengono segnalati in Lettonia (74,6 anni) e Messico (75 anni).

Uno studio contenuto nel rapporto indica, tra l’altro, che “dimezzare il tasso di tabagismo e il consumo di alcool aumenterebbe la speranza di vita di 13 mesi”. Quanto all’Italia, afferma Francesca Colombo, responsabile attività Ocse per la Sanità, vanta buoni risultati anche rispetto alla scarsa obesità (anche se aumenta tra gli adolescenti) o i consumi relativamente bassi di alcol, ma deve fare attenzione a salvaguardare il più possibile uno stile di vita sano.

Il fumo, ad esempio, “non aiuta”, precisa l’esperta, sottolineando che nel nostro Paese il livello di tabagismo resta ancora troppo elevato, con un numero record di fumatori tra i giovani e una scarsa attività sportiva su base “regolare”. Altrettanti “fattori di rischio” che spesso si ripercuotono nell’ultima parte dell’esistenza.

“Certo – spiega l’esperta – la speranza di vita è cresciuta, ma la percezione dei senior di essere in buona salute non è altrettanto positiva, una buona vecchiaia si costruisce lungo tutto il corso della vita”. Solo il 30% degli over-65 italiani ha dichiarato nel 2015 di essere in buona salute contro una media Ocse del 44 per cento. Inoltre, l’Italia ha il “secondo più alto tasso di demenza”, 2,3% nel 2017, 3,4% entro il 2037. Si può fare di più anche per ridurre l’uso di antibiotici: l’Italia è quarta in tutta la zona, addirittura prima nella fascia 0-9 anni.

Il punto, spiega la Colombo, è “che vanno utilizzati quando servono”, dinanzi all’aumento delle capacità di resistenza antimicrobica, “un consumo appropriato diventa necessario”. L’Ocse chiede poi di “migliorare l’efficacia in materia di spesa sanitaria”, ad esempio, ampliando l’uso di generici. Oggi in materia siamo tra i peggiori, con appena il 19% di farmaci non ‘di marca’, contro una media Ocse del 51%. Dati insufficienti, nonostante le politiche messe in campo per aumentarne la quota e l’invito rivolto ai medici ad indicare ai pazienti il “principio attivo” del medicinale prescritto piuttosto che il suo marchio.

“Grande preoccupazione” viene infine espressa per il perdurare delle disparità regionali anche se in termini assoluti il Servizio Sanitario Nazionale è di qualità, con una “copertura universale” e costi generalmente “bassi” rispetto ad altri Paesi Ocse.

L’Italia realizza risultati incoraggianti anche in termini di sopravvivenza al cancro e agli attacchi cardiaci acuti. La spesa sanitaria è pari a 3391 dollari a persona, leggermente inferiore alla media Ocse. Mentre il taglio del numero di posti letto negli ospedali è in “coerenza con una tendenza generale”. Male, invece, il rapporto nel numero medici-infermieri, con appena 1,4 infermieri per medico.

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