Da abusivismo a obesità, le 12 spie del benessere oltre il Pil

 

 

ROMA. – Arrivano in via ufficiale i dodici indici per andare oltre il Pil e far diventare parte integrante dei conti pubblici anche l’abusivismo o l’obesità. Le ‘spie’ deputate a cogliere l’andamento del Benessere equo e sostenibile, ci si dovrà abituare alla sigla Bes, sono state adottate con un decreto ad hoc del Mef. Lo ha annunciato lo stesso ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan, sottolineando che “noi siamo i primi in Ue e nel G7”.

Per un primato che conquistiamo c’è però una maglia nera che non riusciamo a toglierci di dosso: negli ultimi due decenni il ritmo di crescita della produttività del lavoro è risultato “decisamente inferiore” alla media europea (0,3% contro 1,6%). A confermarlo è l’Istat, che nel 2016 segna una battuta d’arresto anche per la produttività del Paese nel suo complesso (-0,4%).

Le novità in fatto di misurazione del benessere sono per Padoan “un passo avanti” anche se, in generale, riconosce che c’è da “migliorare la demografia, l’inclusione sociale, la struttura delle misure a sostegno della famiglia, il tasso di partecipazione dei giovani al lavoro”. Questioni, dice il ministro, a cui si cerca di dare una risposta con la manovra. Finanziaria che, non a caso, già contiene una sperimentazione del Bes.

Quattro aspetti (reddito pro-capite, emissioni Co2, disuguaglianze e ‘scoraggiamento’ nell’occupazione) sono infatti stati inseriti nel Def e a febbraio saranno utilizzati come parametri delle scelte adottate. Ogni anno il ‘set’ sarà allargato fino a comprendere tutte e 12 le dimensioni del benessere, che includono anche l’abbandono prematuro degli studi, la micro-criminalità, la povertà assoluta, gli anni passati in buona salute, la lentezza della giustizia e l’integrazione delle donne nel lavoro.

Gli indici saranno inseriti nel Def, in un allegato apposito, che darà conto dell’andamento nel triennio precedente e delle previsioni sugli anni che verranno, anche in conseguenza delle politiche programmate. La lista degli indici è stata stilata da una commissione formata, oltre che dal Mef, anche dalla Banca d’Italia, dall’Istat e da esperti della materia.

Un lavoro “durato un anno”, spiega il delegato di Padoan nel pool, Federico Giammusso, che esprime rammarico per il mancato inserimento, per assenza di dati, di fenomeni come la “mobilità sociale” e “la criminalità organizzata”. Per il presidente dell’Istat, Giorgio Alleva, si tratta di una “sfida” che l’Istituto è pronto a cogliere, fornendo per tempo le informazioni statistiche necessarie.

Alleva invita anche a non drammatizzare i dati negativi sulla produttività, visto che, dice, ci sono “segnali positivi sugli investimenti in capitale immateriale”, come brevetti e gran parte di ciò che è connesso alla ricerca e alla sviluppo. Sta di fatto che nel 2016 la produttività del lavoro in Italia è scesa dell’1%, mentre in Germania è salita dell’1,7%, in Francia dello 0,9% e in Spagna dello 0,8%.

(di Marianna Berti/ANSA)

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