Prodi incoraggia Fassino, appello a Gentiloni su unità

Romano Prodi e Piero Fassino.
Romano Prodi e Piero Fassino.

ROMA. – Il centrosinistra “deve essere largo e unito”. Deve “stare insieme”. E deve farlo “ora”. Paolo Gentiloni lancia il suo appello, al fianco di Walter Veltroni. I due fondatori del Pd, che si ritrovarono uniti in un solo partito venendo da Margherita e Ds, provano a dare impulso alle trattative in corso per la costruzione di una coalizione.

Il dialogo stenta a partire, tanto che Mdp definisce “tardivi” gli appelli e anche il “mediatore” Piero Fassino evoca la creazione di un “campo” che può essere “largo” pur senza i bersaniani. Ma anche Giuliano Pisapia, vero ‘obiettivo’ dei renziani, invita a non dare per scontato un accordo con i Dem.

E allora i ‘padri’ del Pd scendono in campo. E Romano Prodi, pur senza spendersi di persona, a Fassino consegna l’incoraggiamento a provarci ancora. Domenica Pisapia, che vedrà prima di domenica il ‘mediatore’ Pd, sarà a Bologna, a un’iniziativa di “volenterosi” convocata dal prodiano Giulio Santagata.

Lotta alle diseguaglianze ed Europa unita, le parole d’ordine care anche al Professore. Prodi, che sarà negli Stati Uniti, non parteciperà e più in generale sembra non voler entrare in prima persona nel confronto in corso, ma in mattinata a Bologna incontra Fassino.

“Il padre dell’Ulivo e del Pd – fa sapere al termine Fassino – condivide e apprezza l’iniziativa che sto perseguendo per una comune strategia del centrosinistra”. “Mi sono confrontato anche con Bersani: se si continua sulla strada della divisione il rischio è che si creino una Margherita e un Ds ‘bonsai'”, afferma Veltroni, che da giorni si sta spendendo per l’unità.

Il primo segretario Dem invita anche Grasso e Boldrini, che sono a dir poco critici verso il Pd, a “costruire ponti”. E la presentazione del suo nuovo libro diventa per il premier Gentiloni l’occasione di un appello. A non “rifugiarsi nelle proprie biografie” e investire “nel futuro portando in campo aperto identità e valori”. Serve – e, scandisce, serve “ora” – un centrosinistra che si “prenda cura della società” con “competenza”, senza essere “contro qualcuno”.

Ma gli appelli all’unità “sono un po’ tardivi”, osserva Rosi Bindi. Serve “una chiara discontinuità” rispetto a politiche, dal Jobs act alla scuola, che Renzi non vuole però ripudiare. Il segretario sceglie in queste ore di lasciare la scena ai “pontieri”, mentre continua nelle province lombarde il suo viaggio in treno.

Ai suoi continua a ribadire la convinzione che anche con una coalizione ‘stretta’, senza la sinistra di Mdp-Si-Possibile, il 30% sia un obiettivo a portata di mano del Pd: “Se mettiamo in campo candidati forti e idee forti, non temiamo nessuno”, dichiara.

E in effetti tra le fila Dem nessuno mostra di credere a un accordo di Renzi con Bersani e D’Alema: il vero obiettivo è Campo progressista, la creatura di Pisapia. Nell’incontro, Fassino potrebbe mettere sul tavolo la proposta di una intesa su alcuni punti programmatici, per dare il senso della discontinuità invocata da Cp. Oltre alla rottura con Ap, che i ‘pisapiani’ reputano condizione necessaria, ma non sufficiente.

L’intesa con Pisapia si proverà a costruirla sui contenuti, a partire da ius soli e testamento biologico. Ma non si esclude neanche la presentazione (forse già la prossima settimana, quando verrà rispedita in commissione la proposta di Mdp per reintrodurre l’articolo 18) di un documento con un impegno per la prossima legislatura a cambiare il Jobs act per rafforzare la tutela del lavoro indeterminato.

Al Senato intanto si rifanno i conti: Gentiloni potrebbe autorizzare la fiducia sullo ius soli subito dopo il via libera alla manovra, nella ‘finestra’ che si aprirà nel calendario d’Aula dal 5 al 20 dicembre. Con il sì di Mdp, Si e anche di Ala, si dovrebbe riuscire a compensare la defezione degli alfaniani che guardano al centrodestra. Ma i numeri sono sul filo: un tentativo probabilmente si farà, ma l’esito non è scontato.

(di Serenella Mattera/ANSA)

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