La libertà di Ledezma uno schiaffo al potere sempre più in crisi

Antonio Ledezma informó que Soy Venezuela comenzará próximamente a definir una agenda de lucha “en la búsqueda de esa ansiada libertad”
Antonio Ledezma informó que Soy Venezuela comenzará próximamente a definir una agenda de lucha “en la búsqueda de esa ansiada libertad”
L’ex Sindaco di Caracas, il connazionale Antonio Ledezma, è di nuovo in libertà
L’ex Sindaco di Caracas, il connazionale Antonio Ledezma, è di nuovo in libertà

 

Non è stata una fuga rocambolesca come quelle di cui furono protagonisti Teodoro Petkoff e Pompeyo Márquez negli anni ‘60. O forse si? Comunque quel che conta è il risultato: l’ex Sindaco di Caracas, il connazionale Antonio Ledezma, è di nuovo in libertà. Era stato accusato di cospirazione e arrestato il 19 febbraio del 2015.

Dopo 1002 giorni di prigionia, gli ultimi agli arresti domiciliari, ora, dall’esilio, il veterano leader politico potrà esporre le proprie idee in libertà. Potrà offrire la propria versione della realtà del paese e spiegare le ragioni del fallimento di circa 20 anni ininterrotti di “chavismo”. E’ una versione, la sua, ovviamente assai diversa da quella che il presidente della Repubblica, Nicolás Maduro, offre quotidianamente ai venezuelani, attraverso discorsi “fiume” trasmessi a reti unificate. Antonio Ledezma, subito dopo il suo viaggio avventuroso, ha parlato del Venezuela al presente. E promesso che continuerà a farlo in ogni assise in cui gli sarà permesso intervenire. Il capo dello Stato, invece, continuerà a farlo impiegando il condizionale, con i suoi “se” e i suoi “ma”.

La fuga di Ledezma, confermata dal capo di Stato che ha cercato di minimizzarne la gravità impiegando toni ironici e sarcastici, ha messo in luce le tante smagliature esistenti negli apparati di sicurezza dello Stato. Il connazionale, ora in libertà, non sarebbe riuscito a raggiungere la Colombia se, oltre che sull’aiuto di amici, non avesse potuto contare su quella di membri delle Forze Armate. Infatti, se è vero, come ha affermato, che la sua fuga è avvenuta attraversando tutto il Venezuela in autobus o in macchina, ha dovuto superare numerosi posti di blocco della Guardia Nazionale, dell’Esercito e delle Polizie locali. E poi superare i controlli nella frontiera. Insomma, sono state circa 15, 16 ore e anche di più, di viaggio, di tensione e di pericoli. Possibile che nessuno si sia accorto di chi fosse?

La fuga di Ledezma e la realtà politica

L’instabilità politica e istituzionale del Paese è sempre più palese. E la fuga di Ledezma rappresenta un nuovo ingrediente di disordine che si aggiunge al caos già esistente. Getta legna sul fuoco. L’Opposizione, ormai pare che non ci sia più ombra di dubbio, è sempre più divisa. Le contraddizioni sono emerse tutte con estrema violenza all’indomani delle elezioni regionali. Il Tavolo dell’Unità Democratica, dopo la sconfitta, è imploso. E’ sprofondato in una crisi che riuscirà a superare solo se i leader sapranno anteporre gli interessi della coalizione alle ambizioni personali e alle beghe di partito.

L’appello del Segretario Generale di Acción Democrática, Henry Ramos Allup, che ha invitato a ricomporre l’unità dell’Opposizione, è caduto nel vuoto. Il Tavolo dell’Unità Democratica, sfruttando la necessità del governo di avere un avversario, ha posto di nuovo al centro del dibattito l’urgenza di una nuova Legge Elettorale e un Consiglio Nazionale Elettorale trasparente e credibile. Quella elettorale, se non si vuole consegnare il Paese a qualche “dittatore tropicale”, para sia l’unica strada percorribile. Ma prima urge cambiare le regole del gioco e gli arbitri.

In questo panorama poco chiaro, fa sentire invece la propria voce Maria Corina Machado. La leader di “Vente Venezuela” grida ai quattro venti la propria tesi, contraria al dialogo. Ma non offre alternative. Attendere l’intervento della provvidenza non è, e non può essere, una scelta.

Opposizione e dissidenza

L’Opposizione soffre le conseguenze della crisi interna e il governo non gode di buona salute. Anche nel suo interno cresce la dissidenza. Il Psuv, in affanno, non è più il partito monolitico di una volta. Le elezioni amministrative hanno permesso alle contraddizioni insite nel suo interno di venire a galla. La forza dello Psuv era tutta nella capacità di soffocare le differenze, di presentarsi come un partito capace di esprimere solo candidati unici. Oggi non è più così. I partiti appartenenti all’orbita dello Psuv non temono più lo strapotere del partito di governo. E lo sfidano al presentare i propri candidati.

Se Atene piange, quindi, Sparta non ride. Le prossime elezioni potrebbero riservare al paese qualche sorpresa. Lo scacchiere politico nazionale, all’indomani del processo elettorale, potrebbe non essere più lo stesso. Ad esempio, si potrebbe assistere al trionfo del Psuv in comuni storicamente bastioni dell’Opposizione ma anche al successo di candidati elettorali indipendenti da quelli controllati dal Psuv. Vi è poi la dissidenza, che innamora l’elettorato, prende le distanze dal governo e dall’opposizione e rappresenta una “mina vagante”.

Un 2018 con nuovi protagonisti politici? Chissà. Le urne potrebbero determinare la débâcle di quei piccoli partiti dell’arcipelago politico nostrano pronti sempre a criticare, a creare divisioni a svolgere il ruolo di “bastian contrario” sempre e comunque senza offrire soluzioni. Si potrebbe essere quindi all’inizio di una nuova tappa per il Paese. Parte del governo potrebbe sentirsi minacciato dalla nuova realtà e, per difendere la propria quota di potere, decidere anche di varcare definitivamente il Rubicone.

Mauro Bafile