Confcommercio: da racket a rapine, costi delle imprese 28,4 miliardi

 


ROMA. – Oltre 28 miliardi euro tra mancati introiti per furti, rapine, estorsioni, e spese aggiuntive per la sicurezza: a tanto ammonta, secondo la Confcommercio, la tassa iniqua che i commercianti pagano all’illegalità. E, anche se i reati calano (da 17 ogni mille imprese nel 2010 a 16,1 lo scorso anno), un imprenditore su tre percepisce un peggioramento nei livelli di sicurezza per la propria attività, in particolare rispetto a fenomeni come usura ed estorsioni. In questo caso, però, non si tratta solo di una percezione disancorata dai dati, perché un commerciante su 10 ha dichiarato di aver subito nell’ultimo anno una forma di intimidazione o minacce.

L’indagine della Confcommercio è stata diffusa in occasione della giornata ‘Legalità mi piace!’, che l’associazione degli imprenditori del commercio organizza ogni anno. E, anche se quella del 2017 coincide con segnali di una “ripresa che in Italia si sta consolidando e rafforzando – come ha sottolineato il presidente Carlo Sangalli – tanto su versante del Pil che dell’occupazione”, l’illegalità rimane un “deficit strutturale” che “mette a rischio 181mila posti di lavoro”.

Da qui l’appello al governo, cui chiede “fermezza e determinazione”, “un impegno preventivo e repressivo, con controlli serrati e pene certe”. “La legalità è fondamento irrinunciabile della vita democratica, del benessere sociale e della prosperità economica”, ha sottolineato in un messaggio il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, che sprona a cogliere “una grande occasione per l’Italia e per l’Europa di cui siamo parte”.

“Dopo la lunga e profonda crisi economica, gli indicatori della crescita sono tornati positivi”, rimarca il Capo dello Stato, e le attività “confidano in un nuovo clima di fiducia, e in uno sviluppo duraturo perché sostenibile. Affermare la legalità e contrastare le varie forme di criminalità sono condizioni di sviluppo”. E’ un “responsabilità primaria delle istituzioni”, dice Mattarella che però chiede “l’apporto della società civile”.

Un concetto ripreso anche dal ministro dell’Interno, Marco Minniti, che consapevole del fatto che “la sicurezza è un prerequisito per le politiche di sviluppo”, a Confcommercio propone “una grande alleanza tra lo Stato, le istituzioni che la rappresentano e le associazioni di imprenditori”. In particolare Minniti si rivolge ai commercianti che denunciano minacce e pressioni: “non dobbiamo lasciare nessuno da solo, dal punto di vista dell’investigazione, della tutela, dell’associazionismo” e “nessuno sia lasciato nelle condizioni di difendersi da solo”.

Dalla ricerca della Confcommercio viene fuori che quasi 1 commerciante su 4 ha subito esperienza diretta o indiretta con la criminalità, che il 9% ha subito una forma di intimidazioni a scopo di estorsione (il 16% al Sud) e che poi di questi uno su tre ha ceduto. La certezza della pena, indicata dal 73% degli imprenditori, viene ritenuta l’iniziativa più efficace per la sicurezza della propria impresa, seguita dalla maggiore protezione da parte delle forza dell’ordine. Il 93% non ha un’arma per la difesa personale, ma tra questi l’11% pensa di prenderla in futuro.