Il Brasile ricorda la tragedia: Chapecoense un anno dopo, allo stadio per pregare

Chapecoense un anno dopo, allo stadio per pregare
Chapecoense un anno dopo, allo stadio per pregare

 


ROMA.- Un anno dopo, la vita non è più la stessa. Questa notte ricorrerà l’anniversario del disastro aereo di Medellin in cui persero la vita 71 persone, fra la squadra brasiliana della Chapecoense, che si stava recando in Colombia per giocare la finale di ritorno della Coppa Sudamericana contro l’Atletico Nacional.

Il ‘Verdao’ della stato di Santa Catarina è rinato su quelle ceneri e adesso, sul campo, è impegnato nello sprint per un posto nella prossima Libertadores: sarà decisiva l’ultima giornata del ‘Brasilerao’, che si gioca nel fine settimana e coinvolge, oltre alla Chape, Flamengo, Botafogo e Vasco.

Ma in queste ore nessuno fa questi calcoli, tutti pensano alla squadra che non c’è più e si moltiplicano le interviste ai sopravvissuti. Il club ha deciso di non fare commemorazioni ufficiali, ma fin dalle prime ore di domani le porte dello stadio, l’Arena Condà, saranno aperte per chi vorrà recarvisi per pregare: ci sarà un altare e si celebreranno delle messe. Verranno collocate le immagini di tutti coloro, giocatori, tecnici, dirigenti e giornalisti, morti in quella tragedia.

I superstiti furono sei e il radiocronista Rafael Henzel, tornato ad essere il narratore dei match dei verdi, dice che “siamo dei miracolati, e questa è una data molto difficile per noi: vengono in mente tante cose, il dolore per coloro che non ci sono più ma anche il sentimento di gratitudine verso Colui che ci ha salvati”.

La hostess boliviana Ximena Suarez cercherà di esserci anche se ha superato solo da poco i problemi di depressione successivi al disastro, mentre Alan Ruschel è tornato ad essere un calciatore e domenica scorsa contro il Bahia è andato in panchina. L’altro difensore Neto dovrà attendere i primi mesi del prossimo anno, e intanto si prodiga in ogni modo per le vedove dei suoi compagni di squadra, le quali per ringraziarlo in occasione di questo anniversario gli hanno scritto ognuna una lettera.

“Vorrei poter abbracciare tutti – ha detto Neto, che tiene anche dei sermoni in Chiesa – però in queste ore sento di essere io quello che avrebbe bisogno di un abbraccio. Cerco di aiutare gli altri, da soli nella vita non si va da nessuna parte. Mi aiutano le parole di chi mi ha detto che dopo aver parlato con me ha cominciato ad avere una visione diversa della vita. Ho una missione: giocare al calcio e parlare di Dio”.

Il secondo portiere Jakson Follmann, al quale è stata amputata una gamba, di recente ha voluto tornare in campo, con la protesi, per riprendere confidenza con il pallone. Ma il suo obiettivo è un futuro da atleta paralimpico, nel nuoto: “è stato un anno molto difficile, ma non mi vedrò mai come un ex atleta. Mi riscoprirò dentro il mondo dello sport. E’ presto per pensare alle Paralimpiadi ma, alla fine, con una gamba sola andrò più lontano che con due”.

Lascia un commento