75 anni fa l’alba dell’era atomica con la “pila” di Fermi

Il 2 dicembre 1942 Enrico Fermi e i suoi collaboratori dell'Università di Chicago accendevano la prima “pila” atomica.
Il 2 dicembre 1942 Enrico Fermi e i suoi collaboratori dell’Università di Chicago accendevano la prima “pila” atomica.

ROMA. – Il 2 dicembre di 75 anni fa gli Stati Uniti annunciavano: “il navigatore italiano è sbarcato nel nuovo mondo”. Era un’espressione in codice e indicava che Enrico Fermi e i suoi collaboratori dell’Università di Chicago erano riusciti ad accendere la prima ‘pila’ atomica: si chiamava ‘Chicago Pile-1’ e aveva prodotto la prima reazione nucleare a catena autoalimentata e controllata della storia.

Era l’alba dell’era atomica. Allo storico anniversario è dedicata, negli Stati Uniti, la mostra ‘Enrico Fermi, il Papa della Fisica’, come lo chiamavano i suoi colleghi, i Ragazzi di Via Panisperna, che lo consideravano infallibile. Organizzata a Washington da Ufficio scientifico dell’Ambasciata d’Italia e Istituto Italiano di Cultura a Washington, la mostra è promossa da Istituto Nazionale di Fisica Nucleare (Infn) e Agenzia Spaziale Italiana (Asi).

Il primo reattore nucleare della storia era stato costruito in segreto sotto le tribune di un campo sportivo abbandonato dell’Università di Chicago. Fermi lo descrisse come “una pila grezza di mattoni neri e travi in legno”. La pila era formata da un nocciolo di uranio e blocchi di grafite, con barre di sicurezza in cadmio che servivano a controllare la reazione a catena, per evitare che divenisse esplosiva.

“Fermi era consapevole che il suo esperimento poteva essere pericoloso”, ha detto all’ANSA Giovanni Organtini, direttore del Museo di storia della fisica dell’università Sapienza di Roma e tra i curatori della mostra di Washington. “Per questo – ha aggiunto – realizzò la pila a tappe, costruendo e fermandosi di volta in volta per monitorare che il livello delle radiazioni corrispondesse ai suoi calcoli”.

Costretto a lasciare l’Italia nel 1938 in seguito all’approvazione delle leggi razziali, poiché sua moglie Laura era di origini ebraiche, Fermi era arrivato negli Stati Uniti approfittando del viaggio a Stoccolma, dove nel dicembre del 1938 gli era stato conferito il Nobel per la Fisica per le sue ricerche sui segreti del nucleo dell’atomo.

“Fermi è stato l’unico fisico italiano del XX secolo a eccellere sia come teorico che come sperimentale – ha osservato Organtini – e ha cambiato il nostro mondo. È grazie al genio di Fermi e alla sua scuola, il celebre Istituto di Fisica di Via Panisperna, che la fisica italiana è oggi rispettata e competitiva in tutto il mondo”.

 

La mostra “Enrico Fermi, il Papa della Fisica”, organizzata dall’Ambasciata Italiana a Washington.

Se le ricerche di Fermi e poi quelle del progetto Manhattan che hanno portato alla bomba atomica hanno fatto discutere e perfino generato sfiducia e diffidenza nella scienza, è ancora al lavoro di Fermi che si deve la possibilità di esplorare la strada che porta a nuove forme di energia, sicure e rispettose dell’ambiente, come quella basata sulla fusione nucleare, che riproduce i processi che avvengono nel cuore delle stelle.

“La ricerca di nuove forme di energia è oggi possibile proprio grazie agli esperimenti pionieristici di Fermi. La sua pila – ha spiegato Organtini – ha permesso di dimostrare che era possibile utilizzare l’energia nucleare. Ma non solo. Questa impresa ha consentito anche di comprendere la struttura più intima della materia e delle forze che governano l’universo”.

 

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