Istat: crescono occupati, ma è record contratti a termine

Una manifestazione di giovani precari che mostrato un cartello con la scritta "80 voglia di lavoro"
Una manifestazione di giovani precari che mostrato un cartello con la scritta "80 voglia di lavoro"
lavoro
Italia paese per vecchi,giovani svantaggiati

 


ROMA. – L’occupazione cresce ancora, recuperando i livelli pre-crisi, ma la spinta arriva dai contratti a termine, che ormai sfiorano i tre milioni. Un record storico per l’Istat, che non ne registrava così tanti dall’inizio della rilevazione. E da allora è passato un quarto di secolo.

Dietro un tasso di disoccupazione stabile all’11,2%, che resta sui minimi da circa cinque anni, c’è così un mercato del lavoro in movimento. Ne è una prova anche il calo netto degli ‘scoraggiati’: coloro che vorrebbero un impiego ma hanno smesso di cercare, giudicando la missione impossibile.

Dati dell’ufficio di statistica alla mano, tra luglio e settembre nel Paese sono stati creati 79 mila posti rispetto ai tre mesi precedenti. Un rialzo dovuto esclusivamente a dipendenti a tempo determinato (+101 mila), mentre i ‘fissi’ risultano stazionari e gli autonomi in calo.

Tornando agli occupati nel loro complesso, il confronto su base annua fa registrare un aumento ancora più deciso, di 303 mila unità, ma anche qui il merito va ai ‘precari’. D’altra parte i dipendenti a termine raggiungono un nuovo massimo, segnando un boom rispetto allo scorso anno: ora sono 2,8 milioni. E sono loro a fare da traino, tanto che gli occupati viaggiano sopra quota 23 milioni.

Il Paese ha riconquistato “un segno positivo”, commenta il premier Paolo Gentiloni. E parlando dei posti in più sottolinea: “Sappiamo tuttavia che la loro qualità è sempre esposta al rischio della precarietà”. Da qui, aggiunge, “lo sforzo” per rimettere in moto “i consumi” e in generale la domanda interna.

Ma per la Cgil il dado è tratto: “il lavoro è debole” e “le incentivazioni alle imprese non sono servite”. Sulla stessa linea il leader della Uil, Carmelo Barbagallo, si tratta solo di “lavoretti”.

L’Istat tiene però ad evidenziare anche il ritorno alla crescita dei posti tra gli under35, insomma tra i giovani. Il risveglio del mercato del lavoro sta soprattutto in un dato: centomila scoraggiati in meno in un anno. Durante le fasi della recessione questa ‘area grigia’, fuori dalla disoccupazione ufficiale, era lievitata.

Un appesantimento che era ricaduto nell’alveo degli inattivi: quanti non hanno un impiego e neppure ne sono a caccia. La componente femminile qui domina, nonostante i picchi nell’occupazione. D’altra parte sono 2 milioni e 300 mila le mamme, le moglie, che non lavorano per “motivi familiari”.

Ma come si fa a trovare un’occupazione in Italia? L’Istat risponde anche a questo: al primo posto ci sono parenti e amici ma guadagnano qualche punto i colloqui e i centri per l’impiego. Resta un fatto: la laurea paga, maggiore è il titolo di studio più basso è il tasso di disoccupazione.

Di sicuro per Confcooperative non si sbaglia a specializzarsi in informatica. Secondo un’indagine condotta con il Censis nel campo, solo nel corso del 2016, si sono aperte 62 mila posizioni, con le imprese interessate soprattutto a sviluppatori di app. E Campania, Sicilia e Puglia “sono tra le prime quattro regioni italiane dove negli ultimi 6 anni c’è stata la maggiore crescita di imprese digitali.

(di Marianna Berti/ANSA)