Ap verso divorzio consensuale, corsa al Pd e quarta gamba

Il Ministro della Salute, Beatrice Lorenzin, alla Camera. ANSA/GIUSEPPE LAMI
Il Ministro della Salute, Beatrice Lorenzin, alla Camera. ANSA/GIUSEPPE LAMI

 


ROMA. – Una scissione (per ora) senza urla ma con la consapevolezza che il destino dei centristi è segnato. Alternativa Popolare è a un passo dall’annunciare, formalmente, la spaccatura in due tronconi del partito: uno, che fa capo a Beatrice Lorenzin, deciso a proseguire nella coalizione di governo e l’altro, guidato da Maurizio Lupi, pronto ad unirsi alla “quarta gamba” moderata che, in settimana, dovrebbe vedere la luce.

La Direzione tenutasi nel pomeriggio non ufficializza ancora la separazione ma prende atto che, ormai, le “due coerenze politiche” insite in Ap sono inconciliabili. Resta un unico obiettivo, dare mandato ai soci fondatori (Lupi, Lorenzin e Cicchitto) di trovare quella separazione “consensuale” che “salvaguardi le due coerenze”. Ovvero che permetta, nella riunione di domani alle 18, di evitare la conta e in tal modo, l’evidenza di una maggioranza e di una minoranza interne dai numeri ancora indefiniti.

Perché se i filo-Pd sono maggioritari in segreteria, i numeri, per loro, si fanno incerti in Direzione e preoccupanti sui territori. E prende piede l’idea di separarsi ripescando, per chi guarda alla “quarta gamba”, quel simbolo Ncd che permetterebbe di evitare la raccolta delle firme per le liste. Complice il Cdm, non è una Direzione fiume quella che, per dirla alla Cicchitto, verifica “il dissenso” interno ad Ap. Un lungo applauso ad Angelino Alfano – che, spiega, farà politica da “privato cittadino” – è il preludio ad una riunione nella quale il ministro puntualizza come lui, in questo centrodestra, non ci tornerà.

Ma, allo stesso tempo, sottolinea il “rispetto” per le due fazioni: una, osserva, coerente con le origini e l’altra coerente con il presente. Poi tocca a Lupi e Lorenzin prendere le redini. Su un punto, racconta chi era presente, i due sono d’accordo: per Ap, correre da soli è troppo complicato. Né sembra percorribile la strada di un centro unito e autonomo che racchiuda gli altri pezzi di una quarta gamba (da Fare! a Sc, da Direzione Italiana a Cantiere Popolare) che, invece, guarda al dialogo con FI ed è, di fatto, “benedetta” dallo stesso Silvio Berlusconi.

Il bivio, insomma, è inevitabile. “Serve una proposta seria, moderata, liberale, alternativa al Pd”, sancisce Lupi sottolineando una posizione parallela a chi, come Lorenzin, intende proseguire “l’azione riformatrice di questi 5 anni”. Il ministro ribadisce di lavorare ancora per l’unità del partito e, allo stesso tempo, sottolinea di volere un Ap come “forza trainante dei moderati” contro lepinismi e populisti.

E c’è chi, come Cicchitto, in Direzione è ancora più chiaro non lesinando frecciate a Berlusconi e parlando nettamente di un’alleanza con il Pd di Renzi. Tra i centristi, insomma, si guarda già al prossimo futuro. E c’è chi, come Matteo Salvini pone già un primo veto alla quarta gamba avvertendo Berlusconi di “non candidare chi, in questi 5 anni ha governato con la sinistra”.

“Non è vero che Salvini non ci vuole”, puntualizza Roberto Formigoni uscendo da una Direzione alla fine della quale sono in pochi a parlare: i centristi escono alla spicciolata e più di uno, con un filo di rammarico, osserva come il “grande bivio” andasse affrontato molto prima.

(di Michele Esposito/ANSA)