Europa mai così divisa sui migranti. Scontro Juncker-Tusk

Ue mai così divisa sui migranti.
Ue mai così divisa sui migranti.

 

 


BRUXELLES. – L’Unione europea arriva al traguardo del summit di dicembre in pieno scontro, tra Commissione e Consiglio europeo nonché tra gruppi di Paesi, sull’approccio alla politica migratoria e le quote obbligatorie per la ‘relocation’ dei profughi. E anche sull’unione economica e monetaria le divergenze tra Stati del Nord e del Sud Europa continuano a ostacolare i progressi sulla strada per la riforma dell’Eurozona.

I due terreni di confronto saranno giovedì alla cena dei leader per il confronto sul dossier ‘migration’ e l’eurosummit di venerdì mattina. Ci si attende un confronto ‘franco’, che proprio per la natura complessa delle materie non prevede conclusioni scritte, ma punta a dare un nuovo impulso. E su cui pesa la debolezza della Germania, dove Angela Merkel è ancora alla ricerca di una quadra per il governo.

Uniche note davvero positive in questo scenario complesso sono i cosiddetti ‘deliverables’. Ovvero, la cooperazione rafforzata per la difesa europea comune – la nascita della cosiddetta Pesco – a cui partecipano 25 Stati, per 17 progetti già individuati su cui mettersi al lavoro, iniziativa, che sarà tenuta a battesimo al vertice, su cui ha profuso grande impegno l’Alto rappresentante Federica Mogherini.

Ma anche l’accordo di massima trovato sulla prima fase del negoziato sulla Brexit, quel “progresso sufficiente” raggiunto dopo tanti contrasti con Londra, che nonostante i numerosi e pesanti interrogativi, darà comunque il via alla seconda fase delle trattative.

Ma dopo due giorni di schermaglie tra i palazzi ai due lati di rue de la Loi, l’attenzione sarà comunque puntata sui presidenti del Consiglio Donald Tusk e della Commissione Jean Claude Juncker. A dare fuoco alle polveri tra istituzioni Ue è stata una nota ‘in salsa Visegrad’ di Tusk ai leader dei 28 – poi in parte rettificata – per riavviare la discussione su ‘migration’, dove il ruolo dell’esecutivo comunitario viene rivisto al ribasso, si privilegia la necessità di trovare una soluzione unanime tra i Paesi, e il meccanismo dei trasferimenti, è definito “divisivo” e “inefficace”.

In pratica, un suggerimento implicito a sbarazzarsi del sistema di trasferimenti, cuore del principio di solidarietà europea, su cui la Commissione punta per la riforma del regolamento di Dublino, bloccata ormai da molti mesi, proprio a causa delle resistenze dei Paesi del V4 sui ricollocamenti. Una spinta, quella del presidente del Consiglio europeo – così è stata interpretata – nella direzione delle cancellerie di Budapest, Praga, Bratislava e Varsavia.

L’ammorbidimento del linguaggio della nota – in alcuni punti più cosmetico che di sostanza – non è stato sufficiente a spegnere l’incendio, che ha messo in luce, come mai prima d’ora, le distanze tra le visioni del polacco Tusk e del lussemburghese Juncker sul dossier.

Così, dopo il commissario alla Migrazione Dimitris Avramopoulos, che martedì aveva definito il testo di Tusk “antieuropeo”, e l’insorgere di numerosi ministri e sherpa dei 28, a scendere in campo per esprimere il proprio “fermo disaccordo” sono stati anche il vicepresidente della Commissione Ue Frans Timmermans ed il portavoce dell’esecutivo comunitario Margheritis Schinas, che ha sottolineato il ruolo in “difesa delle leggi” dell’istituzione ed ha assicurato che “il ritorno a un approccio pre-crisi non è un’opzione”.

E comunque la nota di Tusk non è piaciuta neppure al presidente del Parlamento europeo Antonio Tajani, che domani difenderà “le prerogative del Parlamento, il potere di codecisione, la possibilità di decidere a maggioranza qualificata” come previsto dai Trattati.

Ad avviare la giornata sarà un incontro tra i leader dei V4, il premier Paolo Gentiloni e il presidente della Commissione. Un’iniziativa organizzata dalla presidenza di turno ungherese dei Visegrad, a dimostrazione che anche i Paesi dell’est sono solidali, con lo stanziamento di 35 milioni di euro complessivi, per completare un progetto che l’Italia sta gestendo in Libia.

Gentiloni ha già annunciato che non prenderà parte alla conferenza stampa organizzata al termine dell’iniziativa, e sia Juncker che il premier italiano hanno assicurato che durante l’incontro non mancheranno di sottolineare che i soldi per la Libia non compensano le mancate relocation dei richiedenti asilo da Italia e Grecia.

(di Patrizia Antonini/ANSA)

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