La burocrazia costa 33miliardi l’anno, 8mila euro a impresa

La burocrazia costa 33mld l'anno
La burocrazia costa 33mld l’anno

 

 


ROMA.- Le piccole aziende ‘sacrificano’ 33 miliardi l’anno sull’altare della burocrazia, quasi 8 mila euro a testa. E’ questo il costo di tutti gli adempimenti, includendo anche le spese indirette, in primis il tempo perso. “E’ un prezzo che nessuna impresa merita di pagare”, lamenta il presidente di Rete Imprese Italia, Carlo Sangalli, presentando lo studio. Per l’associazione serve una svolta. Sulla necessità di semplificare tutti sono d’accordo.

Ma non basta, occorre “cimentare il senso di comunità, far capire a cosa serve il fisco”, sottolinea il direttore dell’Agenzia delle Entrate, Ernesto Maria Ruffini, annunciando: “manderemo una lettera ai contribuenti per far sapere loro come le imposte pagate sono state spese”.

Le riforme stanno dando i primi frutti, fa notare la ministra della Funzione pubblica, Marianna Madia, invitando a non dimenticare che “senza la P.a anche l’economia si blocca”. Intanto si parte dalle voci di commercianti e artigiani, raccolte dall’indagine.

E’ così che un grafico di Milano dichiara “oltre 200 adempienti amministrativi l’anno”. Non va meglio al titolare di un pub di Napoli, che sulle ‘scartoffie’ passa due ore al giorno. In effetti, guardando al dato complessivo, il 21% degli intervistati dedica venti ore al mese alle pratiche burocratiche.

E quelle relative alle autorizzazioni sanitarie e alla tracciabilità degli alimenti vengono giudicate come le più gravose. Non a caso è la ristorazione a sopportare i costi maggiori della macchina amministrativa: a fronte di una media di 7.900 euro a impresa, trattorie e pizzerie pagano oltre 11.000 euro. Ma anche negli altri comparti il conto è salato, tanto che un orefice avverte: l’eccesso “agevola il mercato nero”.

C’è poi scetticismo nei confronti dell’informatizzazione, solo il 3% riscontra progressi notevoli. Inoltre molti parlano di “concorrenza sleale”. Il proprietario di un emporio della Capitale racconta, ad esempio, che “per gli imprenditori extra-comunitari non ci sono vere e proprie sanzioni”.

Una “vessazione” che secondo la ricerca brucia il 39% dei profitti. Anche perché tante realtà affidano a commercialisti e altri consulenti tutte le pratiche. Il fisco quindi ha la sua parte. A proposito di tasse, Sangalli, a capo anche della Confcommercio, sottolinea che nella manovra “sarebbero serviti più coraggio e determinazione”.

Il numero uno delle Entrate, da parte sua, rimarca gli sforzi fatti. E tra le iniziative cita ‘Equipay’, che rende possibile pagare le cartelle al bancomat (nei prossimi mesi aderirebbe anche Poste). Ma la novità sta nella lettera che, già dal 2018, potrebbe essere spedita a ciascuno, via Pec o accompagnando altre comunicazioni.

L’anno precedente “hai pagato 10 mila euro, bene, lo Stato li ha spesi in questo modo. È giusto che si sappia, è necessario – evidenzia Ruffini – far comprendere questi soldi dove arrivino”, dividendo gli importi per macro voci (come sanità, previdenza, istruzione). Ed è anche, aggiunge, un modo per “fare educazione civica”.

(di Marianna Berti/ANSA)

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