La Cei boccia il biotestamento, legge inadatta ai sofferenti

Il tabellone della votazione del biotestamento

 

Il tabellone della votazione del biotestamento

 

ROMA. – “La valutazione non è positiva, non possiamo riconoscerci in questo testo”. Lo dice all’ANSA il direttore dell’Ufficio Cei per la Pastorale della Salute, don Massimo Angelelli, sulla legge sul biotestamento, che a suo dire “tutela i medici sollevandoli da ogni responsabilità, tutela le strutture sanitarie pubbliche, tenta di ridurre la medicina difensiva spostando sul malato l’onere della responsabilità delle scelte, ma sembra poco efficace nella tutela dei sofferenti. Sono molte le incertezze nella applicabilità di questa legge”.

“Già viene annunciato che nella prossima legislatura verrà modificato. Forse si potevano aspettare poche settimane e discutere un testo più equilibrato e condiviso”. Per il capo dell’Ufficio Cei, “in questi giorni si sono susseguiti molti commenti autorevoli, dentro e fuori la Chiesa. Anche molte associazioni di medici si sono espresse con pareri contrari a questo testo di legge”.

“Era opportuna una legge sul biotestamento, ma questo testo è fragile, difficilmente applicabile e con molte lacune – prosegue -. A cominciare dal riscontro della veridicità delle Disposizioni del paziente nel percorso sanitario e la loro applicabilità al momento vissuto. Appare chiaro che ci saranno enormi conflitti interpretativi che diverranno contenziosi legali. La legge stessa rinvia ad un giudice la decisione di merito in caso di divergenza tra fiduciario e medico. Ma i tempi di risposta della giustizia dovranno essere adeguati ai contesti medico-terapeutici. A volte si tratta di poche ore”.

Dei punti più critici, don Angelelli ne cita solo alcuni: “Mi chiedo se io, che non sono medico, ho cinquant’anni e non sono malato, sia in grado di stabilire in forma scritta quali siano le mie volontà rispetto alle molte ipotesi in cui potrei ammalarmi o potrei morire. Forse potrebbe aiutarmi un ‘oroscopo’. Mi chiedo quale sarà il mio stato d’animo alla notizia che mi sono ammalato, e se sarò libero di cambiare idea nel percorso di cura”.

“Oggi molti amici e familiari mi sosterrebbero nel ‘combattere’ contro la malattia, da domani mi potrebbero suggerire di non soffrire troppo, anche per il bene delle persone a me care, che dovrebbero vedermi morire – spiega -. Gli ospedali cattolici hanno come riferimento il Magistero della Chiesa: l’idratazione e la nutrizione artificiali non possono essere sospesi senza motivazioni cliniche. Se un paziente dovesse fare questa richiesta non si procederà. La tutela della vita è un tema inderogabile. Si inserisce una pericolosa eccezione alla libertà di coscienza e di obiezione del medico. Mi chiedo se sia legittimo dal punto di vista Costituzionale. Noi continueremo a curare le persone e a difendere la vita, in qualsiasi condizione”.

Don Angelelli ritiene anche che “la professione medica venga fortemente limitata. Appare come una reazione esagerata al vecchio paternalismo medico, stile dottor Tersilli di Sordi. Qui si raggiunge l’altro estremo, chiedendo alla persona malata di sostituirsi al medico nelle valutazioni cliniche. Salta il cardine di valutazione medica ‘in scienza e coscienza’”.

“L’unica via d’uscita – conclude – sarà recuperare una piena relazione di cura, basata su tre elementi fondamentali: l’informazione, cioè il dato clinico della patologia; la comunicazione, cioè la capacità del medico di raccontare in maniera chiara e comprensibile la situazione; e, non ultimo, l’empatia, cioè la capacità di accogliere il vissuto del malato per accompagnarlo nel cammino terapeutico. Non basta la pianificazione condivisa delle cura, serve una piena alleanza relazionale terapeutica di cura”.

(di Fausto Gasparroni/ANSA)