Prezzi in crescita, la bolletta energetica sale dopo 6 anni

Una persona guarda la frutta e verdura esposta in un mercato.
Il carrello della spesa accelera.
Prezzi in crescita

 


ROMA. – L’industria petrolifera tira un sospiro di sollievo, ma i consumatori devono mettere mano al portafoglio. E’ lo scenario che emerge dal Preconsuntivo 2017 dell’Unione petrolifera, che dovrebbe per altro ripetersi, salvo crisi internazionali sempre dietro l’angolo, anche nel 2018.

Con l’accordo Opec-non Opec per il taglio della produzione esteso fino alla fine del 2018, i prezzi del greggio hanno fortemente recuperato portandosi sopra i 60 dollari e a una media di 54,2 nel corso dell’anno: si tratta del 25% in più rispetto all’anno scorso.

Il risultato è che l’Italia, Paese dove la produzione nazionale è da tempo al lumicino, si trova a sborsare una bella cifra per approvvigionarsi all’estero: la fattura energetica, infatti, nel 2017 è aumentata per la prima volta dal 2011, anno record per i prezzi del greggio, portandosi a 34,4 miliardi di euro, il 24% in più rispetto al 2016 con un peso sul pil intorno al 2%.

Non è da meno la bolletta petrolifera, stimata dall’Up a 17,4 miliardi di euro (+30%). Certo è che i picchi di sei anni fa (rispettivamente 66,4 e 36,5 miliardi di euro) sono ancora molto lontani e, forse, irraggiungibili, ma l’inversione di tendenza è evidente. L’anno prossimo, infatti, le cose non cambieranno e forse peggioreranno, dal momento che la fattura petrolifera, con uno scenario di prezzo del greggio che dovrebbe mantenersi tra 55 e 65 dollari, oscillerà tra i 17 e i 21 miliardi, mentre quella energetica tra i 34,6 e i 39,3.

La sensazione di un aggravio dei costi, del resto, è evidente già quando si va a fare il pieno al distributore. I prezzi, nel 2017, sono cresciuti di circa 9 centesimi per la benzina e di 10 centesimi per il gasolio: di pari passo, i consumi sono scesi dell’1,3%, cosa che è avvenuta, tra i grandi Paesi europei, soltanto in Italia.

Si tratta di un fenomeno di difficile interpretazione visto che la ripresa economica è in atto e che, secondo l’Up, potrebbe spiegarsi con la piaga della vendita illegale di carburanti (per aggirare il fisco) o con la difficoltà nella raccolta dei dati. Un provvedimento dell’Autorità dell’Energia, intanto, sposta al 2019 l’ultima fase della riforma delle tariffe sull’elettricità, evirando “maggiori ulteriori esborsi ai clienti, specie quelli con basi consumi”.

A gonfie vele va invece il gas, che si conferma come la prima fonte di energia del Paese, vista anche la siccità che quest’anno ha messo il freno all’idroelettrico. Una situazione che rende ancora più preoccupante quanto accaduto martedì scorso in Austria e su cui è tornato l’amministratore delegato dell’Eni, Claudio Descalzi: i problemi sono stati risolti senza intaccare le riserve strategiche, anche se “rimpiazzare il gas mancante non è stato semplice”, tuttavia, ha avvertito, “l’Italia dipende per oltre il 90% dall’estero, quindi siamo esposti al rischio” ed è perciò necessario avere “più fonti e più Paesi dai quali importiamo”. Uno di questi, se il Tap vedrà mai la luce, è l’Azerbaijan che, nel frattempo, ha ripreso la prima posizione tra i nostri fornitori di petrolio.

(di Francesca Paggio/ANSA)

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