Savoia a Vicoforte, ma solo una tappa verso il Pantheon

La bara con la salma di re Vittorio Emanuele III di Savoia arriva al Santuario di Vicoforte, avvolta dalla bandiera dei Savoia, è stata benedetta sul sagrato della basilica dal rettore don Meo Bussone a Vicoforte, 17 dicembre 2017. ANSA/RAFFAELE SASSO
La bara con la salma di re Vittorio Emanuele III di Savoia arriva al Santuario di Vicoforte, avvolta dalla bandiera dei Savoia, è stata benedetta sul sagrato della basilica dal rettore don Meo Bussone a Vicoforte, 17 dicembre 2017.
ANSA/RAFFAELE SASSO

 

MONDOVI’ (CUNEO). – Un “grande passo”, per vedere finalmente in Italia le salme di Vittorio Emanuele III e della consorte, la Regina Elena, ma soltanto una “transizione” verso la loro legittima collocazione, il Pantheon di Roma. “Perché dal 1878, che si voglia o no, la sepoltura dei re d’Italia è lì”.

Nel giorno dell’omaggio sotto i riflettori ai propri avi morti in esilio, il rientro dei sovrani divide ancora, Vittorio Emanuele che dopo la commozione commenta con uno “shalom” le critiche della comunità ebraica, e il figlio, Emanuele Filiberto, a ricordare che la sua famiglia “ha sempre condannato le leggi razziali”.

 

Il sole, alto nel cielo azzurro, riscalda appena il vento freddo che spazza l’imponente santuario di Vicoforte, voluto dal duca Carlo Emanuele I proprio come mausoleo dei Savoia, quando le auto scure della famiglia reale fanno capolino sul piazzale.

Vittorio Emanuele, 80 anni lo scorso febbraio, cammina col bastone, avvolto in un elegante cappotto scuro. Con lui l’inseparabile moglie, Marina Ricolfi Doria, il figlio Emanuele Filiberto e il nipote, Serge di Jugoslavia. Non c’è la sorella Maria Gabriella, che ha organizzato la traslazione delle salme della coppia reale e per questo motivo è stata criticata dal fratello.

E, nonostante in un primo momento sia indicata tra i presenti, non c’è neanche Maria Pia, rimasta a Parigi per le precarie condizioni fisiche del marito, Michel Borbone Parma. Nessuna riconciliazione, dunque, tra i Savoia, un pasto veloce presso la Casa Regina Montis Regalis, in quello che un tempo era il refettorio dei monaci, prima della preghiera nella cappella di San Bernardo, dove le salme sono state sistemate accanto all’altare.

“Accolgo volentieri la richiesta di questa preghiera”, è il benvenuto del rettore del santuario, don Meo Bessone, che recita il rito “di quando si sosta davanti al sepolcro”. A settant’anni dalla morte del nonno, è la prima volta che la famiglia reale può rendergli omaggio in Patria. Vittorio

Emanuele, visibilmente commosso, si fa portare una sedia, ma quando deve avvicinarsi alle tombe degli avi lo fa da solo. E in piedi prega per la coppia reale, 51 anni insieme. “Mio nonno ha regnato 47 anni, bisogna pensare alla storia nel bene e nel male per non ripetere gli errori del passato”, è la ‘lezione’ di Emanuele Filiberto, che poi rivela: “Abbiamo il nullaosta del rettore del Pantheon, che deve tenere informato il Vaticano”.

Parole misurate, nonostante i gesti rivelino un po’ di tensione, all’esterno del santuario dove si è radunato un gruppetto di curiosi e di nostalgici della monarchia, al bavero della giacca le coccarde più disperate. Tanti ne arriveranno d’ora in poi da queste parti, e c’è già chi pensa alle opportunità per il turismo. Come Ferruccio Dardanello, presidente di Unioncamere Piemonte e cuneese doc, che parla di “numeri incredibilmente grandi: potrebbero arrivare tra 500 mila e un milione di persone”.

“Sul piano della valorizzazione dell’ambiente e dell’architettura è un fatto molto positivo – sottolinea -. Cancelliamo passaggi infelici del passato, che le giovani generazioni hanno già dimenticato. Non un richiamo di nostalgici, ma di amanti della storia”.