Guerra del grano, l’Italia fa squadra per restare la numero uno al mondo

ROMA.- L’Italia è ancora il leader mondiale nella produzione della pasta nonché il primo produttore in Europa di frumento, ma ora, di fronte a un calo in valore del 3% dell’export di pasta nei primi nove mesi dell’anno, si deve guardare alla spalle dalla concorrenza di pastifici che si moltiplicano dagli Stati Uniti alla Russia, dalla Francia alla Turchia.

Il gioco dunque si fa duro, e il settore agroindustriale, dai campi ai molini fino ai pastifici, si compatta firmando un protocollo d’intesa “per aumentare la disponibilità di grano duro italiano di qualità” e ridurre il ricorso all’import di grano straniero mediamente più caro del 30%.

I firmatari rappresentano complessivamente poco meno della metà di tutta l’agroindustria italiana, per un valore di circa 60 miliardi di euro e sono Aidepi – Associazione delle Industrie del Dolce e della Pasta Italiane, Alleanza delle Cooperative Agroalimentari, Cia – Agricoltori Italiani, Confagricoltura, Copagri – Confederazione Produttori Agricoli e Italmopa – Associazione Industriali Mugnai d’Italia.

Manca la Coldiretti per la quale, come sottolineato dal presidente Roberto Moncalvo, tuttavia ”la battaglia del grano continua fino a quando non sarà garantito un prezzo equo agli agricoltori e non saranno assicurate informazioni complete e trasparenti ai consumatori”. Oggi la produzione nazionale di grano duro (in media di 4 milioni di tonnellate annue) è sufficiente a coprire solo il 70% del fabbisogno dei pastai italiani.

“Dal 2018 – ha detti Cinzia Pagni, vicepresidente vicario Cia – Agricoltori Italiani – tracciamo le semine e le produzioni che ci rendono solidali tra noi firmatari in un uno sforzo di responsabilità. Dopo il grande strappo del 2015 che ci costrinse allo sciopero delle semine molti terreni sono rimasti incolti. Insieme vogliamo rendere più redditizio coltivare il grano in Italia, migliorare la qualità del grano duro nazionale, incrementando centri di stoccaggio idonei alla differenziazione delle diverse semole”.

Per i firmatari il “miglioramento” complessivo della qualità del grano italiano significa “non solo garanzia di un piatto di pasta sempre buono, ma anche più sostenibilità nei nostri campi, maggiori opportunità per le imprese agricole e meno ricorso alla costosa materia prima estera”.

“La pasta Made in Italy vale all’estero se di qualità – ha detto il presidente di Aidepi Paolo Barilla – e per noi il mercato appetibile è nell’alto di gamma. Questo progetto si muove su logiche di lungo termine, per rendere più virtuosa, innovativa e competitiva la filiera italiana grano-pasta, e per mettere fine alla guerra del grano interna che non fa bene”.

Per Giorgio Mercuri, presidente dell’Alleanza delle Cooperative Agroalimentari, “solo i grani di qualità permettono ai nostri agricoltori di rimanere sul mercato. Nel vino chi ha puntato sulla qualità non ha estirpato i vigneti, nella cerealicoltura va fatto lo stesso”.

Anche perché, ha sottolineato Massimiliano Giansanti, presidente di Confagricoltura, “il settore è strategico e coinvolge il 10% della superficie agricola italiana, e il Sud o fa grano o fa grano, spesso non ha alternative”.

(di Alessandra Moneti/ANSA)

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