Gentiloni supera il caso Boschi e tira dritto sulle nomine

Paolo Gentiloni e Elena Boschi
Paolo Gentiloni e Elena Boschi

 


ROMA. – Mentre alla Camera vanno in scena gli addii dei tanti Dem che temono di non essere ricandidati o rieletti, la “fine ordinata della legislatura” assume il volto di Mario Nava, l’alto dirigente europeo scelto per guidare Consob al posto di Giuseppe Vegas. Con lui Paolo Gentiloni archivia, a pochi giorni dal probabile e atteso scioglimento delle Camere, il passaggio più spinoso di fine mandato.

E dà il segno, con un pacchetto di nomine fatte d’intesa con il Colle, condivise e ‘tecniche’, di voler tenere le istituzioni al riparo dalla imminente contesa elettorale, che lo vedrà in campo con il Pd ma anche protagonista, negli auspici di molti, della partita che si aprirà dopo il voto.

Il presidente del Consiglio sceglie un metodo di confronto con gli altri partiti ed esclude che al vertice dell’autorità di vigilanza bancaria possa andare un profilo ‘politico’. Ai vertici del Pd, dopo le polemiche che hanno investito la stagione di Vegas (nome scelto dall’allora governo di centrodestra), c’era chi auspicava si scegliesse un nome come Marco Fortis, già consigliere di Palazzo Chigi ed economista vicino a Matteo Renzi.

Ma Gentiloni impone il suo metodo e opta per una figura, sicuramente molto gradita in Europa, che dia un segno di autonomia e indipendenza al vertice dell’autorità. Al suo fianco nel Consiglio dei ministri che ufficializza le nomine c’è Maria Elena Boschi, che come sempre ha un ruolo di segretario del Cdm e non prende parte alle votazioni.

Gentiloni ha blindato la sottosegretaria una settimana fa, nelle ore in cui il confronto a distanza proprio con Vegas la riportava al centro del ciclone per Banca Etruria. Il suo ruolo, ribadiscono al Nazareno, non si discute. E lei rivendica quanto fatto al governo con un tweet in mattinata che saluta i dati positivi dell’Istat sulla fiducia dei consumatori: “Soddisfatti di aver portato l’Italia fuori dalla crisi.

Ancora c’è molto da fare ma la strada è quella giusta. Andiamo #avanti”. Anche Renzi, con tweet e post su Facebook, rivendica quanto fatto dai governi di centrosinistra. Da lì riparte, già in campagna elettorale. Gli iscritti al Pd sono, a campagna di tesseramento in corso, 291.450 contro i 400 mila dello scorso anno. E segnali di scollamento arrivano con gli addii di 22 dirigenti di circoli Dem in Europa e di singoli esponenti come il prodiano Franco Monaco.

Ma al Nazareno assicurano che non c’è una emorragia ed è Renzi in persona, con una lettera ai segretari di circolo, a mobilitare i militanti per una campagna elettorale che intende condurre “corpo a corpo”. Le scorie del caso Banca Etruria sono tutt’altro che esaurite.

Tra i “big” Dem c’è chi continua a pensare che Boschi dovrebbe rinunciare a correre. E la minoranza, Andrea Orlando in testa, continua a invocare una direzione del partito (“Nessuno mi ha chiesto di convocarla”, taglia corto Matteo Orfini). La direzione va riunita, insiste il ministro, perché è urgente “togliersi da una linea di fuoco che rischia di fare molto male al Pd”.

Ma Renzi va avanti nella costruzione della coalizione: l’obiettivo è presentarla entro la fine dell’anno, per poi iniziare il lavoro sulle candidature, che dovrebbe concludersi con una direzione Dem nella seconda metà di gennaio. Ma la trattativa con gli alleati è ancora in corso.

Come dimostrano le parole di Pier Ferdinando Casini, che alla buvette della Camera così risponde a chi lo interpella sulla ‘gamba’ centrista che dovrebbe tenere a battesimo con Beatrice Lorenzin: “Se vale la pena di fare una cosa dignitosa, si fa. Se bisogna fare la lista civetta del Pd, meglio di no”. I centristi, affermano i Dem, stanno semplicemente alzando il tiro nella trattativa, ma l’alleanza si farà. Così come si farà, aggiungono, l’intesa con +Europa guidata da Emma Bonino.

Ma Bonino, con Riccardo Magi e Benedetto Della Vedova, incontrano il presidente Mattarella per denunciare difficoltà nella raccolta delle firme, perché la legge costringe a prenderle su ciascun collegio uninominale. L’effetto paradossale – spiegano fonti radicali – è che una legge del genere disincentiva ad andare in coalizione.

Ma dal Pd ostentano tranquillità e intanto sono attenti a ogni mina. Lo dimostra l’attenzione con cui viene gestito un passaggio parlamentare: alla Camera era in calendario il voto per l’elezione di componenti di Consigli di giustizia amministrativa. Tra i nomi in lizza, su cui sarebbe stato raggiunto un accordo tra i gruppi, anche quelli di deputati ora in carica, che potrebbero non essere rieletti. Il M5s era già pronto a fare polemica e dal Nazareno è arrivato lo stop.

(di Serenella Mattera/ANSA)

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