Ussita, terremoto: un triste Natale nelle casette del sisma

Ussita, le casette del sisma
Ussita, le casette del sisma
Ussita, le casette del sisma

 


USSITA (MACERATA). – “Ci hanno fatto tornare su prima di Natale, ma ora che facciamo?”. Avere finalmente un piccolo focolare domestico dopo quattro traslochi per il terremoto non basta a smorzare le preoccupazioni di una madre che a Ussita (Macerata) addobberà un albero di Natale con il figlio di due anni. Costretta con la famiglia a lasciare la casa distrutta dalla scossa del 24 agosto 2016, Marianna si trasferirà in una Sae alla vigilia di Natale, con un bagaglio di timori per il futuro e per la difficoltà di trovare lavoro. “Prima lavoravamo – spiega all’ANSA – ora ci sono solo le bollette da pagare, e abbiamo già dato fondo ai risparmi”.

Nelle aree del Maceratese colpite dalla lunga crisi sismica anche questo sarà un Natale mesto. Chi è tornato in una delle 720 casette consegnate finora si gode un briciolo di quotidianità dopo varie peregrinazioni tra sistemazioni temporanee. Ma il clima abbastanza disteso che si respira tra le persone più avanti con l’età, o parlando con chi è riuscito a mantenere un impiego, cozza con l’inquietudine di coloro che devono ricominciare da zero.

Molte famiglie, soprattutto quelle con figli piccoli, hanno scelto di restare lontane dal paese, di abbandonare la terra d’origine. Altri, come la signora Mara, pensionata di Pieve Torina, sono tornati: “Mi trovo benissimo – rassicura mostrando la casetta – al di là di piccoli ‘inciampetti’ quotidiani. Il Natale è migliore qui che a Porto Sant’Elpidio: non nel senso della struttura ma dell’aria, l’aria mia è questa che respiro qui”.

Qualche pecca non manca nella Sae pur “calda e confortevole”, osserva il marito Giovanni: dalla maniglia della porta che cade alla presa d’aria che si stacca, alla linea del telefono fisso che manca. Ma “a Natale arrivano i nipoti e fanno sparire tutti i problemi”.

A Pieve Torina il clima pre festivo “è sereno tra virgolette, – osserva il sindaco Alessandro Gentilucci – per persone che hanno perso tutto: avevano una casa, delle abitudini, e ora sono in queste situazioni emergenziali: 161 le Sae consegnate finora su 208 richieste”.

Roberto ha un impiego alla Svila di Visso, l’azienda che produce pizze surgelate, e da tre settimane abita in una casetta con madre, moglie e figlio di 5 anni, dopo essere stato sfollato prima a Fermo poi a Porto Sant’Elpidio. “Problemi ci sono, si poteva fare meglio – rimarca – ma tutto sommato si sta bene, stai a casa e si torna un po’ alla normalità. L’albero di Natale? Lo abbiamo fatto anche l’anno scorso in albergo per non perdere l’abitudine”.

A Visso, dove la casa dei genitori è ancora agibile, vorrebbe tornare a lavorare Francesco, 26 anni, attualmente residente a Macerata, che gestiva una pasticceria in centro andata distrutta. “Il progetto – racconta – è di riattivare l’attività in primavera”. Mentre una coppia di anziani, di 85 e 83 anni, è ansiosa di festeggiare di nuovo il Natale con i nove nipoti, in scala tra i 2 e i 40 anni: “l’anno scorso non abbiamo fatto niente”.

Ma di carenze nelle “poche” casette allestite ”ce ne sono in tutti i comuni”, attacca il sindaco di Visso Giuliano Pazzaglini: difetti di progettazione come i “portoni non in legno che conducono umidità all’interno” o i “boiler con tubazioni non coibentate”, o di esecuzione, come le infiltrazioni causate da “guaine messe male”. “Nonostante le Sae costino tantissimo – sottolinea – hanno utilizzato maestranze non qualificate”.

Giuseppe, artigiano edile in pensione, mostra l’elenco di prescrizioni per la sua Sae, con accanto la moglie Carmela. Sono delusi: “E’ una fregatura, non ci aspettavamo mari e monti ma così no…Non possiamo appendere un quadro, mettere una tenda o sostituire un mobile, eppure qui dovremo restarci per sempre”.

E nella zona, riaprono i negozi ma il lavoro manca. “Mio marito faceva manutenzione negli impianti a funi a Frontignano – ricorda Marianna, che potrà riportare il figlioletto all’asilo a Visso – è stato licenziato il 27 ottobre 2016. Hanno aiutato chi è rimasto qui ma noi famiglie ci sentiamo abbandonate”.

(di Daniele Carotti/ANSA)

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