Reddito di dignità, la contro-tassa che piace a sinistra

Le mani di una persona raccolgono della verdura da una cassetta abbandonato per terra
Oltre 5 milioni in povertà assoluta,
Le stime di Cepal segnalano che per circa 186 milioni di persone scarseggiano le cose necessarie per una normale sussistenza.
Le stime di Cepal segnalano che per circa 186 milioni di persone scarseggiano le cose necessarie per una normale sussistenza.

 

 

ROMA. – L’Alice di Lewis Carroll la definirebbe la tassa al contrario, che dà denari invece di toglierli. L’ “imposta negativa” – oggi ipotizzata in un’intervista da Silvio Berlusconi che l’ha battezzata Reddito di Dignità – è una proposta avanzata in passato dagli economisti Milton Friedman e James Tobin, e – guardando ai cittadini a basso reddito – strizza l’occhio a sinistra e rappresenta una controproposta al Reddito di Cittadinanza del M5s.

Nella versione originale degli economisti americani prevede che l’Irpef, al di sotto di una certa soglia definita ‘minimo imponibile’, si trasformi in un sussidio: un bonus, si direbbe oggi. Il suo pregio è quello di dare benefici alle fasce più deboli della popolazione aumentando i consumi, il suo difetto quello di costare moltissimo.

In Italia tra i fautori della sua introduzione, ma con una versione finalizzata soprattutto alle famiglie con figli, è stato nel passato l’ex ministro delle Finanze del centro-sinistra Vincenzo Visco che aveva ipotizzato, una decina di anni fa, la sua introduzione al posto degli assegni familiari e delle detrazioni per i figli a carico, come unico istituto di sostegno del reddito per le famiglie con figli.

Più recentemente il Nens, il centro studi che fa proprio riferimento a Visco e a Bersani, ne prevedeva una introduzione al posto di detrazioni e assegni familiari, insieme ad un ridisegno complessivo dell’Irpef e dei contributi sociali. L’imposta negativa – una sorta di ‘contro-tassa’ – punta a sciogliere il nodo dell’aiuto fiscale agli incapienti. Questi sono i contribuenti che hanno un reddito molto basso e per questo non pagano tasse, rientrando nella cosiddetta ‘no tax area’.

Per loro l’utilizzo degli sconti fiscali sotto forma di detrazioni o deduzioni non da ovviamente alcun beneficio, non pagando le tasse. Ecco perchè l’ipotesi di scuola propone in questo caso che lo ‘sconto’ si traduca in ‘sussidio’. Con una premessa, che soprattutto in Italia è doverosa: un meccanismo di questo genere deve essere accompagnato da una severa lotta all’evasione fiscale.

(di Corrado Chiominto/ANSA)

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