Le Camere sono sciolte e si voterà il 4 marzo

Il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, firma il decreto di scioglimento del Senato della Repubblica e della Camera dei Deputati, nel suo studio al Quirinale, Roma, 28 dicembre 2017. ANSA/UFFICIO STAMPA QUIRINALE/PAOLO GIANDOTTI
Il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, firma il decreto di scioglimento del Senato della Repubblica e della Camera dei Deputati, nel suo studio al Quirinale, Roma, 28 dicembre 2017.
ANSA/UFFICIO STAMPA QUIRINALE/PAOLO GIANDOTTI

 

ROMA. – “Quello delle elezioni non è mai un passaggio drammatico”. Risponde così il presidente della Repubblica al cronista che gli augura di risparmiare le forze in attesa delle elezioni di marzo e delle successive fatiche per la formazione di un nuovo governo. E in questa risposta c’è tutto il personaggio Mattarella, la sua impostazione rispettosa dei ruoli, la convinzione che i problemi vadano affrontati nel momento in cui si pongono. E soprattutto la consapevolezza che il lavoro di “arbitro” si esercita smussando gli angoli, cercando di ridurre le distanze calpestando solo vie illuminate dai lampioni della Carta costituzionale.

Ecco perchè l’ex giudice della Consulta ha già fatto sapere che non basterà a nessuno avere un voto in più – o, per capirci, pochi punti percentuali in più – per ottenere l’incarico della formazione di Governo. L’obiettivo del ricorso alle urne è la governabilità e non un effimero “red carpet” quirinalizio con destinazione il nulla.

Dopo le consultazioni salirà al Colle solo chi avrà più chance di formare un esecutivo, come ordina la Costituzione di una repubblica parlamentare. E come vuole, al Quirinale non sfugge, una nuova legge elettorale tutt’oggi misteriosa ma che certamente non rinvigorisce la figura del candidato premier.

Incertezze da Rosatellum non sottovalutate da Mattarella che sin da oggi spingerà le forze politiche a non eccedere in demagogia, a non inondare di promesse il corpo elettorale già gonfio di bulimia populista. I partiti devono lavorare per il bene dell’Italia e, mai come nel 2018, serve un ancoraggio alla realtà. Concetti che il capo dello Stato svilupperà nel suo discorso di san Silvestro.

Agli italiani spossati da anni di crisi, più desiderosi di cotechino che di chiacchiere, Mattarella rivolgerà un saluto breve e positivo. Peraltro l’economia cigola ma si muove, una finanziaria light è stata messa in cascina e Paolo Gentiloni piano piano inizia a “bucare lo schermo”.

E non è poco per il previdente Mattarella che ha fortemente voluto continuare con lui la legislatura dopo il terremoto di un referendum che bocciato la più profonda riforma costituzionale della repubblica. Il premier viaggia in celeste sintonia con Mattarella e il presidente lo ha tenuto al riparo da improvvidi voti di sfiducia costruendogli un sentiero da percorrere con una forza politica che non potrà che aumentare se le elezioni materializzeranno ostacoli al posto di maggioranze.

Le Camere sono sciolte e si voterà il 4 marzo. Tutto come previsto da settimane. La legge sullo ius soli è un rimpianto anche per il Quirinale. Ma è solo un’ombra sulle tante cose fatte, anche in quest’ultimo anno di legislatura. E il presidente le ricorderà agli italiani affinchè non si facciano vincere dal pessimismo proprio mentre il più è fatto, la ripresa agganciata.

Ma la crisi è dietro l’angolo e nessuno è esente da responsabilità: il cittadino che deve rimboccarsi le maniche; le forze politiche ora devono presentarsi al Paese con programmi e non proclami. Realismo sarà la parola d’ordine del presidente per quest’Italia che è padrona del suo destino.

(Di Fabrizio Finzi/ANSA)