Allarme web tax: “E’ un boomerang, penalizza le aziende italiane”

Web tax

 

 

ROMA. – Per le aziende italiane la Web Tax si sommerà alle normali imposte, di fatto aumentando il prelievo fiscale, mentre per le multinazionali si trasformerà in un micro-balzello del 3% che le metterà in regola con l’ordinamento italiano mentre continueranno a beneficiare delle aliquote ridotte applicate altrove. Insomma, le società italiane rischiano di rimanere penalizzate dalla nuova norma che, comunque, scatterà solo dal 2019.

A lanciare l’allarme, con un approfondimento tematico specifico, è l’Ufficio Parlamentare di Bilancio, l’authority indipendente che verifica i conti pubblici italiani. Che riceve una risposta a breve giro da Francesco Boccia, il presidente della commissione Bilancio, che della Web Tax in versione italiana è il padre. per lui l’Upb ”scopre l’acqua calda”.

“Avevamo già chiarito nell’ampio dibattito in commissione che è agli atti, che la webtax significa, esclusivamente, stabile organizzazione”, afferma. E aggiunge: “Le aziende italiane non pagheranno un solo centesimo nel 2018 mentre le Over the Top, così come nel 2017, se non dichiareranno la loro residenza fiscale in Italia e se non pagheranno le imposte nel paese in cui fanno business, pagheranno senza se e senza ma le imposte”.

L’Upb nella sua disamina non usa comunque giri di parole. La Web Tax contenuta nella Legge di Bilancio, nella sua versione finale, “potrebbe determinare uno svantaggio competitivo delle imprese residenti sia rispetto al mercato tradizionale interno sia rispetto al mercato internazionale. Infatti i ricavi delle imprese digitali residenti sono sottoposti non solo al nuovo tributo, ma anche alle altre imposte dirette con le aliquote vigenti in Italia, con un onere di imposta effettivo più elevato”. Non è così per le multinazionali. La norma, che inizialmente aveva l’intento di recuperare a tassazione le transazioni che passano per il web e sfuggono all’erario nazionale, di fatto non contiene più alcuna differenziazione territoriale.

Così ”per le multinazionali non residenti – afferma l’Upb – il nuovo tributo potrebbe assolvere definitivamente agli obblighi tributari in Italia continuando a pagare aliquote di imposta irrisorie nei paesi a fiscalità privilegiata”. Come dire, il vantaggio competitivo dovuto al fisco rimane. Anche perché “le grandi multinazionali, avendo un potere di mercato assai maggiore delle imprese italiane, potrebbero operare più facilmente una traslazione del tributo sui prezzi dei servizi, senza ridurre la loro competitività”.

L’Upb evidenzia anche problemi di natura tecnica, che dovranno essere risolti dai decreti del ministero dell’Economia, che potrebbero rendere difficile l’applicazione del nuovo tributo. La soluzione? Per l’Ufficio Parlamentare di Bilancio la strada da seguire richiede “azioni di cooperazione e di coordinamento tra i diversi Paesi”. Ma anche in questo caso le “decisioni sono condizionate dai tempi (lunghi) della consultazione e della decisione internazionale”.

(di Corrado Chiominto/ANSA)

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